Integratori e calo ponderale: i dati di evidenza

08 Ottobre 2020

L'uso di integratori alimentari per perdere peso ha acquisito grande popolarità in questi ultimi anni. La letteratura di supporto è spesso, però, di bassa qualità. Una recente review ha cercato di fare chiarezza definendo efficacia, sicurezza, meccanismi d’azione ed effetti sinergici dei diversi prodotti presenti sul mercato.

“Si è ingenerata la percezione generale che le sostanze naturali possano essere sinonimo di salute e di equilibrio” sottolinea Mikiko Watanabe del dipartimento di Medicina sperimentale, divisione di Patofisiologia medica Scienze degli alimenti ed Endocrinologia dell’Università La Sapienza di Roma, prima firma della ricerca.

“Nonostante ciò sia parzialmente falso, considerati i potenziali eventi avversi legati alla composizione dei composti naturali, è vero però che molti degli integratori alimentari in commercio impiegati per la perdita di peso non causano generalmente effetti collaterali di rilievo, per quanto sia sempre importante valutare i dosaggi che spesso rappresentano il sottile confine tra efficacia e tollerabilità”.

Parliamo di sostanze che agiscono con diversi meccanismi d’azione, chi migliorando il metabolismo di grassi e carboidrati, chi favorendo il dispendio energetico, chi determinando una riduzione dell’appetito.

“È disponibile una vasta quantità di letteratura in merito, spesso però di bassa qualità ed è pertanto difficile fornire indicazioni corroborate da prove scientifiche”, prosegue Watanabe. “Nella nostra revisione della abbiamo cercato di valutare le sostanze di maggior impiego in questo ambito, concludendo che esiste effettivamente un certo numero di integratori in grado di determinare un discreto calo ponderale senza particolari effetti avversi. Tuttavia, nessuno, da solo, è in grado di indurre cali significativi: i migliori non superano i 2 kg in media. Per inibire l’assorbimento di nutrienti suggeriamo l’utilizzo dell’estratto di fagiolo o l’epigallocatechina derivata dal tè verde. Per ridurre l’appetito ed eventualmente facilitare il dispendio energetico, sebbene i dati clinici in letteratura su questo aspetto siano poco convincenti, suggeriamo l’utilizzo di caffeina e acido clorogenico. Possono essere considerati anche i capsacinoidi e i capsinoidi del peperoncino insieme alla carnitina e al resveratrolo del vino risso per favorire la mobilitazione dei depositi di tessuto adiposo. Infine, il metabolismo dei carboidrati può essere favorito dall’impiego di acido lipoico, già comunemente utilizzato nel diabete mellito di tipo 2. Trattasi, inoltre, di sostanze con un buon profilo antinfiammatorio e antiossidante, in grado pertanto di agire sullo stato di infiammazione cronica del paziente in sovrappeso od obeso e che è alla base della genesi di tutte le complicanze, metaboliche e non. Nel complesso, però, la scelta di aiutarsi con un integratore in associazione a dieta e attività fisica deve non può non essere condivisa con il proprio medico di fiducia”.

Nicola Miglino

 

 

 

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