L’obiettivo, in questo caso, non era quello di stabilire una relaziona causa-effetto, ma semplicemente quello di comprendere quanti consumatori, molto spesso in autogestione e senza consulto medico, si esponessero inconsapevolmente all’uso di sostanze con potenziali effetti tossici sul fegato, al pari di farmaci spesso usati in concomitanza per le stesse indicazioni di salute.
I ricercatori hanno attinto al National health and nutrition examination survey (Nhanes), uno studio periodico basato sulla popolazione generale degli Stati Uniti che include, grazie a interviste, dati completi sull'uso di integratori. Il periodo preso in esame riguarda gli anni 2017-2020.
La valutazione è stata effettuata su un campione di 9.685 adulti (età media, 47,5 anni). Il 57% ha dichiarato di aver fatto uso di integratori nei 30 giorni antecedenti all’intervista.
Il 7,5% del campione (n=731) ha utilizzato botanicals e il 4,7% (n=350) almeno uno dei sei ingredienti sotto esame. I prodotti botanici potenzialmente epatotossici più comunemente utilizzati erano curcuma o curcumina (n = 236) e tè verde (n = 92), seguiti da ashwagandha (n = 28), Garcinia cambogia (n = 20), riso rosso fermentato (n = 20) e cimicifuga nera (n = 19).
Chi utilizzava questi sei era, tendenzialmente, un soggetto di età più avanzata, di sesso femminile, con maggiori disponibilità economiche, più istruito e spesso già in terapia con altri farmaci. Il ricorso a curcuma/curcumina era legato per lo più a problemi di artrosi, per il tè verde a stanchezza/spossatezza, per la Garcinia cambogia a questioni di peso corporeo, per il riso rosso a dislipidemia e per la cimicifuga alle vampate da menopausa.
Estrapolando i dati e riportandoli alla popolazione generale, gli Autori hanno stimato come circa 15.584.599 di adulti statunitensi abbiano potenzialmente utilizzato almeno uno dei sei botanicals negli ultimi 30 giorni, una prevalenza d’uso totalmente sovrapponibile a quella di farmaci impiegati con indicazioni simili, dai Fans, alle statine, alla sertralina.
Così commentano, in coda all’articolo: “L’uso di integratori è aumentato drasticamente negli Stati Uniti, dal 32,9% nella coorte Nhanes I tra il 1971 e il 1974, al 57,6% di oggi. L'impatto economico del settore è forte, con oltre 150 miliardi di dollari di vendite sul mercato nel 2023, tanto da competere con quello di tutti i farmaci da prescrizione messi insieme. Il nostro interesse è iniziato quando abbiamo visto casi di tossicità epatica derivanti dall'uso di integratori alimentari ed erboristici in persone arruolate nello studio Dilin in corso, finanziato dagli Nih, ma è stato difficile valutare quante persone stessero usando questi integratori e perché.
La scoperta più sorprendente, nel nostro lavoro, è il gran numero di persone che assumono questi prodotti, con una stima di 15 milioni di americani adulti che li assumono regolarmente. Gli integratori sono motivo di particolare preoccupazione per diverse ragioni: mancanza di regolamentazione governativa, scarsa attenzione negli screening medici e frequenti errori di etichettatura: in uno studio precedente, abbiamo riscontrato una discrepanza di circa il 50% tra gli ingredienti dichiarati in etichetta e il contenuto reale.
I medici, poi, spesso non chiedono ai pazienti se e quali integratori stanno assumendo, tanto che la maggior parte dei consumatori vi fa ricorso autonomamente, senza seguire il consiglio di un professionista. Il nostro studio non è stato in grado di stabilire alcun tipo di relazione causale tra il consumo dei sei prodotti botanici e il danno epatico, poiché era destinato a valutare l'esposizione agli integratori nella popolazione generale degli Stati Uniti. Tuttavia, data la mancanza di regolamentazione, auspichiamo che medici e cittadini siano consapevoli di quanta informazione manchi in questo campo. Non vogliamo certo creare allarmi ingiustificati. Stiamo solo cercando di invitare le autorità governative a considerare di aumentare la sorveglianza su come i prodotti botanici vengono prodotti, commercializzati, testati e monitorati nella popolazione generale”.
Nicola Miglino