Dieta mediterranea, occhio al rischio contaminanti. Puntare sul biologico

17 Novembre 2021

Un allarme sul rischio di contaminanti in prodotti tipici della dieta mediterranea giunge da una ricerca pubblicata nei giorni scorsi sull’American journal of clinical nutrition, dalla quale emerge l’indicazione all’impiego di nutrienti provenienti dall’agricoltura biologica anziché da quella tradizionale.

Si tratta di un piccolo studio di intervento, condotto da ricercatori dell’Università di Oslo, che ha coinvolto 27 partecipanti divisi in due gruppi. Per due settimane, il primo (n=13) ha seguito una dieta tipicamente mediterranea ma di origine biologica, il secondo la stessa ma con prodotti di origine convenzionale. Prima e dopo le due settimane di studio, entrambi i gruppi hanno seguito, invece, la loro dieta abituale, tipicamente occidentale, con cibi di coltivazione tradizionale. L’obiettivo era andare a verificare, a livello urinario, la presenza di pesticidi con i diversi approcci alimentari.

Ebbene, chi ha seguito il protocollo mediterraneo di tipo biologico, presentava nelle urine il 90% in meno di contaminanti rispetto alla dieta mediterranea basata su alimenti coltivati in modo ordinario. Inoltre, questi ultimi presentavano un tasso di contaminanti ambientali, in particolare insetticidi e organofosfati, tre volte superiore rispetto ai livelli registrati con la dieta occidentale standard. Molti dei contaminanti rilevati nelle urine sono noti per la loro capacità di interazione con il sistema endocrino, con ricadute negative su sistema immunitario, fertilità, crescita e sviluppo infantili.

“Frutta, verdura e cereali integrali coltivati ​​in modo convenzionale sono alcune delle principali fonti di contaminanti ambientali assorbiti attraverso l’alimentazione”, dice Carlo Leifert, del dipartimento di Nutrizione dell’Università di Oslo, coordinatore della ricerca. “Poiché sono la base della dieta mediterranea, chi la segue ha un apporto dieci volte maggiore di questi contaminanti rispetto a chi assume gli stessi alimenti ma coltivati ​​biologicamente”.

Gli Autori ci tengono a precisare che si tratta ancora di uno studio su piccoli numeri che non può certo demonizzare la dieta mediterranea “non biologica”, ribadendo come debbano continuare a fare da riferimento le linee guida nutrizionali riconosciute a livello internazionale. Lo stimolo, però, è quello di promuovere studi di questo genere su campioni molto più numerosi.

Nel frattempo, gli stessi ricercatori hanno annunciato che prenderà il via una ricerca su un campione di 200 donne norvegesi incinte. Un gruppo mangerà cibo biologico fino al parto, mentre l'altro consumerà cibo da agricoltura tradizionale. A entrambi verrà raccomandato di seguire le linee guida dietetiche nazionali per le donne in gravidanza. Verranno quindi controllati i contaminanti ambientali presenti nel sangue, nelle urine e nelle feci delle partecipanti e, a seguire, verranno effettuati controlli sulle urine dei bambini. Donne e neonati saranno poi seguiti per un periodo di due anni.

Nicola Miglino

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