Sicurezza, Efsa promuove i semi di chia

30 Settembre 2020

Nel corso della storia hanno fatto il loro ingresso in Europa da tutti gli angoli del globo nuovi generi di alimenti, ingredienti o metodi di produzione: banane, pomodori, pasta, frutti tropicali, mais, riso, per non pensare alla vasta gamma di spezie. Tutti originariamente entrati a far parte della nostra realtà agro-alimentare come “nuovi alimenti”.

Secondo le norme Ue qualsiasi cibo non consumato “in modo significativo” prima del maggio 1997 è da considerarsi “nuovo alimento”, categoria che comprende nuovi alimenti, alimenti da nuove fonti, nuove sostanze utilizzate nei prodotti alimentari, nonché nuove modalità e tecnologie per la produzione di essi.

Vi rientrano gli olii ricchi di acidi grassi omega-3 derivati dal krill, i cibi ottenuti tramite nuove tecnologie (per esempio le nanotecnologie) o utilizzando nuove sostanze (per esempio fitosteroli o steroli vegetali).

Per contro, gli “alimenti tradizionali” sono un sottoinsieme dei “nuovi alimenti”, cioè alimenti che vengono consumati per tradizione in qualsiasi luogo fuori dall’Europa.

Oggi la disciplina di tali prodotti è dettata dal nuovo Regolamento (UE) 2015/2283 sui novel food che ha sostituito il precedente n. 258 del 1997 e che ha introdotto una procedura di valutazione e di autorizzazione centralizzata che ne rende sostanzialmente più efficiente il processo.

Tra gli ultimi arrivati ci sono i semi di chia, gli alimenti a base di alghe, il frutto del baobab e la physalis (o alchechengi peruviano o ribes del Capo).

Ma vediamo ora qualche dato sull’evoluzione della tutela normativa della chia.

Nel novembre 2009 l’Efsa ne ha permesso l’impiego per i prodotti da forno in concentrazione massima del 5%. Mentre il 22 gennaio 2013 la Commissione europea ne ha esteso il campo di utilizzo, tant’è che da quel momento i semi di chia sono divenuti un ingrediente consentito e quindi molto frequente anche in prodotti come i cereali da colazione e preparati di semi, frutta e noci, in misura massima del 10%, con una dose giornaliera raccomandata pari a 15 g.

Infatti, dal 1° gennaio 2018, responsabile dell’autorizzazione dei nuovi alimenti è la Commissione europea che, all’interno della procedura, può anche richiedere all’Efsa di effettuare una valutazione scientifica dei rischi per stabilirne la sicurezza, come è accaduto di recente.

La Commissione ha, infatti, richiesto al gruppo di esperti scientifici Efsa sulla nutrizione, i nuovi alimenti e gli allergeni alimentari (Panel Nda) di fornire un parere sulla sicurezza dei semi di chia negli alimenti in cui si trovano presenti, ove, per via di trattamenti termici, possono formarsi i cosiddetti contaminanti di processo. La valutazione si è basata in particolare su precedenti valutazioni condotte da parte dello stesso Panel, informazioni ricevute in occasione di una consultazione pubblica indetta dall’Efsa e informazioni recuperate da un’ampia ricerca bibliografica effettuata sempre dalla stessa.

Il 14 marzo 2019 il Panel Nda aveva già adottato un parere in merito ma riguardante solo quelle nuove applicazioni alimentari ed estensioni di utilizzo che non includevano processi di trattamento termico e/o cotture a temperature che potessero provocare la formazione di livelli significativi di contaminanti. Pertanto, la valutazione globale ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 1, del Regolamento (CE) 2002/178, era stata affrontata solo parzialmente.

Al fine di completare la valutazione, l’Efsa aveva quindi proposto alla Commissione di emettere un parere separato che affrontasse le possibili preoccupazioni relative alla stabilità termica dei semi di chia in determinati alimenti e, in particolare, in quelli la cui produzione include la lavorazione termica a temperature che possono comportare la formazione di livelli significativi di contaminanti, come, per esempio, esempio acrilammide, idrossimetilfurfurale (prodotto di disidratazione del fruttosio, solitamente utilizzato come indice della freschezza del miele e del suo stato di conservazione) e furfurolo (un composto organico derivato da una varietà di prodotti agricoli tra cui mais, avena, grano, crusca e segatura). Può essere, per esempio, il caso dei biscotti a base di farina di grano con aggiunta di farina di semi di chia.

Sicché, sulla base di tale studio, il Panel ha ritenuto potesse esistere un potenziale per la formazione di acrilammide nei biscotti con il 10-20% di farina di semi di chia aggiunta con un basso contenuto di umidità residua (≤ 2%).

Al momento il panel non risulta a conoscenza di ulteriori prove scientifiche suscettibili di corroborare simili risultati, poiché le approfondite ricerche condotte sulla nuova letteratura non hanno rilevato alcun articolo pertinente riguardo al contenuto di asparagina o alla formazione di contaminanti di processo nei semi di chia o in prodotti derivati, in quanto si è trattato di informazioni limitate o inconcludenti.

Di conseguenza, è possibile constatare che le concentrazioni riportate di idrossimetilfurfurale e furfurolo nei semi di chia trattati termicamente non rappresentano in alcun modo un problema di sicurezza.

Valentina Faziani, Regulatory affairs specialist, Imola (Bo)

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Il documento Efsa

 

 

 

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