Le proprietà salutistiche del lievito

29 Gennaio 2020

Il lievito non fa male. Tutt’altro. Eppure, le sue qualità sono troppo poco conosciute. Svelarne le virtù è stato l’obiettivo del convegno “Lievito: una bella scoperta”, organizzato di recente a Rimini dal Gruppo Lievito da zuccheri di Assitol, in occasione del Sigep (Salone internazionale della panificazione, gelateria, pasticceria artigianali e del caffè).

 Il lievito è un microrganismo vivente, che prende vita da un sottoprodotto di origine agricola, il melasso da zucchero. “Si tratta di un processo tutto naturale che le aziende accompagnano, creando le condizioni più favorevoli perché il lievito si riproduca in presenza di ossigeno”, dice Piero Pasturenzi, presidente del Gruppo Lievito. “Per questa ragione, nel nostro settore si usa dire che il lievito si coltiva, non si fa”.

 E se sulla naturalità del lievito non ci sono dubbi, la ricerca scientifica ha evidenziato da tempo le sue proprietà salutistiche, proprio nel contrasto a una serie di problematiche assai diffuse, di cui, paradossalmente, si incolpa il lievito stesso. A sgombrare il campo da mistificazioni e luoghi comuni, Michele Sculati, medico specialista in Scienza di alimentazione, professore a contratto all’Università di Milano-Bicocca: “È ormai dimostrato che il gonfiore addominale, frequentemente associato alla sindrome dell’intestino irritabile, ha altre origini rispetto al lievito. Tra queste, alterazioni del microbiota, dieta disordinata, sovrappeso, obesità, stress. Ci si dimentica, purtroppo, che uno dei primi probiotici utilizzati dall’umanità è stato proprio il lievito e questa sua caratteristica apporta utili benefici al nostro organismo”.

 Secondo quanto riportato a Rimini, la letteratura scientifica, smontando un luogo comune diffusissimo, raccomanda oggi l’assunzione di lievito per ridurre il dolore addominale nei pazienti che soffrono di sindrome dell’intestino irritabile.

La stessa sensazione di gonfiore che si prova dopo aver mangiato cibi come la pizza non può essere addebitata al lievito, che muore a 50-60 gradi, quindi ad una temperatura inferiore rispetto a quella utilizzata per cuocere i cibi.  In questi casi, il gonfiore può essere causato da un significativo carico glicemico della singola pietanza e dalla quantità di sale. “Il che non significa demonizzare la pizza ma soltanto comprendere che è normale sentirsi ‘pieni’ dopo averla mangiata”, avverte Sculati che ricorda come “frequentemente le persone credano di essere intolleranti al lievito, benché trattasi di evenienza assai rara. Sul tema si fa una grande confusione. L’individuazione di un’allergia o di un’intolleranza è possibile soltanto con analisi serie e scientificamente convalidate. I test delle intolleranze di auto-diagnosi, oggi molto in voga, che frequentemente rilevano intolleranze al lievito, si sono dimostrati privi di credibilità scientifica e validità clinica”.

Anche le linee guida per una sana alimentazione, da poco pubblicate dal Crea - Centro di ricerca alimenti e nutrizione, mettono in guardia sulle crociate anti-lievito e sul mito del “senza. “Il documento del Crea invita a seguire un regime alimentare giornaliero variato”, aggiunge Sculati. “Le diete estreme, in cui si cancellano del tutto certi alimenti, sono da evitare, a meno che non si abbiano problemi specifici, perché possono causare danni seri”.

Così conclude Pasturenzi: “Il lievito non soltanto non fa male, ma può fare bene. Le sue qualità sono troppo poco conosciute. A nostro avviso, bisogna ripartire dalla corretta informazione, divulgando notizie esatte e veicolandole ai consumatori”.  In tal senso, dallo scorso anno, Assitol promuove il sito welovelievito.it, tutto dedicato a questo ingrediente, essenziale non soltanto per il pane ma anche per la produzione di dolci, vino e birra.

 

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