D.ssa Alisi, ci spiega meglio il processo di fibrosi correlata alla steatosi epatica non alcolica: di cosa stiamo parlando?
La fibrosi epatica è una malattia del fegato che si sviluppa quando l’organo è sottoposto a insulti ripetuti che danneggiano tutte le cellule e la struttura del tessuto. In seguito al danno, alcune cellule del fegato, note come cellule stellate epatiche, si attivano per ripararlo. Purtroppo, quando lo stimolo negativo è cronico, il risultato è una persistente attivazione delle cellule stellate, con conseguente accumulo di proteine della matrice extracellulare che vanno a creare il tessuto cicatriziale che costituisce la fibrosi. La steatosi epatica, caratterizzata da eccessivo accumulo di grasso all’interno del fegato, è attualmente la principale malattia cronica del fegato legata all’obesità e rappresenta uno dei maggiori fattori predisponenti allo sviluppo di forme più severe come la steatoepatite e la fibrosi epatica.
Qual è l’armamentario terapeutico oggi disponibile?
Per quanto riguarda la steatosi epatica, almeno nella popolazione pediatrica si sono ottenuti risultati soddisfacenti mediante approcci mirati a ridurre sia il consumo di cibi ricchi di grassi e zuccheri che la sedentarietà. Quando però la malattia si accompagna già alla presenza di fibrosi, il cambiamento degli stili di vita da solo non è sufficiente a riparare il danno del fegato. A oggi non ci sono farmaci efficaci nell’eradicare completamente la fibrosi, ma linee guida italiane suggeriscono nei pazienti adulti con malattia avanzata l’uso di pioglitazone e acido obeticolico, non indicati, però, nel paziente pediatrico. D’altro canto, ci sono numerose indicazioni sull’uso della vitamina E per determinare un miglioramento della steatoepatite e della fibrosi epatica, trattamento che essendo caratterizzato da buona tollerabilità e scarsi eventi avversi, si adatta bene anche per uso pediatrico.
Perché tanta curiosità verso idrossitirosolo e vitamina E?
La curiosità deriva dai risultati incoraggianti ottenuti con studi precedenti, su modelli sperimentali e sull’adulto. Inoltre, in un precedente studio avevamo già dimostrato che le due molecole nei bambini affetti da steatosi epatica erano in grado di ridurre sia la steatosi stessa che l’infiammazione sistemica conseguente, tramite un meccanismo che sfrutta le capacità antiossidanti delle due molecole. L’altro aspetto è che entrambe le molecole sono composti naturali che già vengono assunti quotidianamente con la dieta in quanto derivati dell’olio d’oliva.
Che tipo di studio avete effettuato e quali risultati avete potuto osservare?
Abbiamo per prima cosa effettuato una ricerca su modelli cellulari di fibrosi epatica. Nel modello, le cellule stellate epatiche umane sono state stimolate con il fattore TGF-β per indurre la fibrosi. Successivamente, tali cellule sono state esposte a un trattamento combinato con idrossitirosolo e vitamina E. Il risultato osservato è stata una riduzione di parametri associati con il fenotipo fibrotico, in particolar modo la riduzione dell’espressione dei geni per il collagene di tipo 1A e di tipo 3A. Questi incoraggianti risultati sono stati poi riconfermati in un modello animale di steatosi epatica e fibrosi. Infine, l’azione protettiva dell’idrossitirosolo e vitamina E sulla fibrosi epatica è stata avvalorata dall’osservazione che l’assunzione per quattro mesi di un integratore alimentare contenente una formula combinata dei due composti naturali riusciva a contrastare in maniera efficace e prolungata nel tempo l’aumento dei livelli nel sangue di un ben noto un marcatore circolante di fibrosi come il Propeptide N-terminale del Procollagene 3 in una coorte di pazienti pediatrici affetti da steatosi epatica e fibrosi rispetto a quelli che avevano ricevuto il solo placebo. Inoltre, in questo studio si è dimostrato come lo stesso trattamento fosse in grado di contrastare anche l’aumento della produzione di un fattore coinvolto nei processi di stress ossidativo chiamato NOX2, supportando la potente azione antiossidante di queste due sostanze e il conseguente effetto benefico sul danno epatico.
Quali prospettive si possono intravedere per un impiego in clinica?
I risultati del nostro studio, coordinato dall’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e che ha coinvolto anche il Centro obesità dell'Università Politecnica delle Marche e l’Università di Messina per i modelli animali, aprono la strada per un miglioramento a breve termine del piano di cura della fibrosi associata alla steatosi epatica. Infatti, i nostri dati supportano la possibilità di inserire già da ora integratori ricchi di idrossitirosolo e vitamina E nel piano nutrizionale attualmente raccomandato per il trattamento della steatosi e della fibrosi epatiche in età pediatrica.
Nicola Miglino