Dieta chetogenica anti-Covid 19: la sfida lanciata dal San Martino di Genova

31 Agosto 2020

La dieta chetogenica potrebbe presto rivelarsi uno strumento prezioso in grado di ridurre la necessità di ricovero in terapia intensiva se non addirittura la mortalità in pazienti affetti da Covid-19. L’ipotesi, allo studio presso il Policlinico San Martino di Genova, è frutto di una serie di considerazioni fatte già lo scorso marzo da Samir Sukkar, direttore di Dietetica e Nutrizione clinica all’Ospedale genovese, condivise con Matteo Bassetti, che al San Martino dirige la Clinica di Malattie infettive, e pubblicate nei giorni scorsi su Nutrition. Nel frattempo, cominciano ad arrivare i dati di una sperimentazione clinica prossimi alla pubblicazione.

“Sono tre gli aspetti che ci hanno portato a prendere in considerazione l’ipotesi di un’utilità della dieta chetogenica nei pazienti Covid-19 ricoverati” dice Sukkar. “Tutto ruota intorno alla cosiddetta tempesta citochinica, una risposta immunitaria esagerata messa in atto dall'organismo per difendersi dall'invasione di Sars-coV 2. Tra i principali responsabili del rilascio di citochine vi sono i macrofagi M1, cellule che, quando si attivano, consumano esclusivamente glucosio. L'iperattivazione dei macrofagi M1 porta al reclutamento di monociti, neutrofili e piastrine che da una parte aumentano lo stato infiammatorio a livello polmonare e, dall’altra, creano aggregati responsabili della coagulazione intravascolare disseminata e dell’ormai noto rischio tromboembolico. In secondo luogo, la condizione di acidosi che si viene a verificare a livello alveolare determina una diminuzione della produzione di Ifn 1, la cui attività antivirale è strategica. Terzo aspetto, infine, i macrofagi spazzini M2, utili nel processo di guarigione in quanto efficaci nel rimuovere rifiuti e detriti dai tessuti danneggiati, utilizzano come carburante gli acidi grassi”.

Da qui l’idea che una dieta chetogenica, riducendo l'apporto di glucosio, possa favorire il processo antinfiammatorio attraverso la modulazione del metabolismo immunitario. Così Sukkar e Bassetti hanno messo a punto un protocollo dieto-terapico approvato dal Comitato etico dell’Ospedale Policlinico San Martino, che prevede la somministrazione ad alcuni pazienti di una dieta chetogenica normo calorica, normo proteica ed iperlipidica e ad altri di un vitto comunemente somministrato ai pazienti in ospedale.

L’approccio chetogenico, definito di tipo mediterraneo, prevede un rapporto 4:1 di grassi-proteine e carboidrati inferiori a 30 g/die: sostanzialmente calorie lipidiche ottenute da grassi monoinsaturi, polinsaturi e insaturi in un rapporto 3:2:1, con utilizzo massiccio di olio di oliva extravergine, pesce e fonti indirette di omega-3 quali frutti oleaginosi (in particolare noci e nocciole). Carne magra come fonte di proteine.

Da una prima analisi preliminare, di prossima pubblicazione, condotta su 34 persone che hanno seguito il protocollo chetogenico confrontate con 68 soggetti che hanno seguito nello stesso periodo una dieta comune sono emersi risultati particolarmente rilevanti sulla sopravvivenza a 30 giorni e sulla necessità di trasferimento in terapia intensiva.  Entrambi i parametri sono infatti risultati inferiori nei pazienti sottoposti a dieta chetogenica, con un trend molto vicino alla significatività (vedi grafici sotto).


“La dieta chetogenica che abbiamo utilizzato al posto del vitto comune, oppure per via parenterale quando i pazienti non potevano assumere alimentati, è quella che comunemente viene utilizzata nel trattamento di alcune forme di epilessia o di neoplasie cerebrali e presenta un’azione antinfiammatoria in parte dovuta ai corpi chetonici come l’idrossibutirrato” dice Sukkar.

“Non bisogna però confondere tale dieta chetogenica normocalorica con chetogeniche ipocaloriche che hanno altre indicazioni tra cui il calo ponderale, che non è certo l’obiettivo della nutrizione durante Covid-19 in cui è frequente il riscontro di pazienti malnutriti che devono essere, per contro, supportati. Infine, bisogna fare attenzione a utilizzare questo tipo di dieta sotto controllo medico in quanto esistono controindicazioni, in particolare in caso di diabete di tipo 1 e in tutte le situazioni di diabete tipo 2 in trattamento farmacologico a rischio di ipoglicemia. Stiamo ora contattando centri in altre nazioni per allargare il numero dei casi trattati, in particolare laddove l’infezione sta mietendo più vittime in questo momento come Brasile, Romania e Stati Uniti”.

Tale trattamento non ha un effetto preventivo provato nella prevenzione di Covid-9, ma si suggerisce di effettuarlo dall’inizio della sintomatologia.

Conclude Sukkar: “La prevenzione del Covid-19, dal punto di vista nutrizionale, deve basarsi sul miglioramento della forza e della massa muscolare nel soggetto sottopeso, sul controllo del peso e della pressione del soggetto in sovrappeso, sullo stretto controllo della glicemia in caso di malattia diabetica e sulla correzione delle carenze vitaminiche e minerali presenti nella maggior parte della popolazione over 50.  Lo stile di vita dovrà essere improntato sulla lotta alla sarcopenia comune al soggetto malnutrito ma anche al controllo del paziente obeso e cardiopatico. Una buona esposizione al sole e un’attività fisica aerobica costante sono fondamentali per mantenere alte le difese, in particolare grazie ai benefici della Vitamina D”.

Nicola Miglino

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