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Vitamine del gruppo B in ambito oncologico: il dibattito è aperto

18 Luglio 2019

La via metabolica del carbonio che coinvolge l'acido folico, le vitamine B2, B6 e B12 e il metabolismo del folato non solo genera gruppi metilici, determinando così processi epigenetici, modificazioni del genoma e carcinogenesi, ma fornisce i composti coinvolti nella sintesi del Dna e nei processi di riparazione, in particolare nella sintesi di purine e pirimidine e nella conversione di dUmp (2-deossiuridina monofosfato) in dTmp (2-deoxythymidine monophosphate). 

Alla luce di questi percorsi, il folato, insieme alle vitamine B2, B6 e B12, sono diventati oggetto di interesse come composti il ​​cui deficit o la cui eccedenza possono avere un impatto sui processi di carcinogenesi. L'impatto delle singole vitamine coinvolte nel metabolismo del carbonio sulla carcinogenesi e il loro ruolo nella comparsa della malattia dipendono dal tipo di cancro e dal livello di carenza.

Si deve inoltre ricordare che, dopo l'assorbimento, grandi quantità di B12 sono immagazzinate nel fegato e, di conseguenza, qualsiasi riduzione dell'apporto di B12 può richiedere 5-10 anni per manifestarsi clinicamente, essendocene scorte abbondanti. 

L'assunzione inadeguata di acido folico e vitamina B12 sembra giocare un ruolo nella carcinogenesi dell'esofago, del colon-retto e del tumore al seno in donne in post menopausa, specie se in associazione al consumo di alcolici.

Il folato, come vitamina anti-cancro naturale, è in grado di indurre l'apoptosi delle cellule tumorali e influenzare l'espressione genica delle stesse e la stessa vitamina B 12, contribuendo a un'alterazione del livello di omocisteina plasmatica e in definitiva dello stato di folato, può favorire la tumorigenesi.

Se l’associazione con il cancro riscontrata negli studi riguarda principalmente vitamine assunte da fonti alimentari come carne, uova e latticini, il ruolo giocato dagli integratori è oggetto di dibattito. Attualmente la somministrazione nello stesso giorno di vitamina B12 e pemetrexed per migliorarne il profilo di tossicità è considerata una pratica sicura nei pazienti con cancro del polmone non a piccole cellule e mesotelioma pleurico, ma i tempi di integrazione non sono ancora stati studiati a fondo.

Si sa, inoltre, che la neuropatia periferica indotta da chemioterapia continua a tormentare i pazienti e la classe medica. In questo ambito, sembra che l'integrazione con vitamine del gruppo B giochi un ruolo nella prevenzione. Il razionale risiede nel fatto che una carenza funzionale di vitamina B12, definita da livelli elevati dei metaboliti B12-dipendenti, acido metilmalonico (Mma) e/o omocisteina, nonostante i normali valori di vitamina B12 , può causare neuropatia ed è associata a disturbi legati a un aumento dello stress ossidativo. Poiché sia ​​il cancro che gli agenti antineoplastici neurotossici aumentano lo stress ossidativo, è stato considerato un ruolo per il deficit funzionale di B12 nella neuropatia periferica indotta da chemioterapia, anche se siamo ben lontani dall’avere a disposizione possibili opzioni di protezione e trattamento.

La scelta di integrare con queste vitamine è oggetto di costante discussione perché se sappiamo che gli stati carenziali comportano un aumentato rischio oncologico, va evitato anche il sovraccarico: ci sono prove cumulative che livelli elevati di B12 (variabili da 350-1.200 pmol/l) sono associati a patologie ematologiche ed epatiche e in particolare alle neoplasie. In un ampio studio di popolazione del 2013 è stato dimostrato che livelli elevati di B12 plasmatici sono associati a un aumento del rischio di cancro e nel 2016 è stato pubblicato uno studio di coorte, che ha coinvolto oltre 80 mila pazienti oncologici, che ha dimostrato che elevati livelli plasmatici di vitamina B12 sono correlati alla prognosi: i pazienti con livelli elevati di cobalamina plasmatici prima della diagnosi avevano una mortalità più elevata, rispetto a quelli con livelli normali, indicando tumori più avanzati e aggressivi.

Due analisi indipendenti e complementari, pubblicati a fine del 2018, supportano l'ipotesi che l'elevato livello di vitamina B12 aumenti il rischio di cancro ai polmoni e vi sia una relazione tra livelli di vitamina e sottotipo istologico.

In attesa di ulteriori dati, va evitata la carenza di queste vitamine e l'integrazione di acido folico e vitamina B12 va limitata a pazienti con un'indicazione nota, tenendo sotto controllo i marker di rischio.

Silvia Ambrogio

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