Obesità, in Italia nutrizionisti poco consultati

09 Giugno 2020

Il 40% delle persone obese non si considera affetto da una malattia cronica, mentre tale, invece, è considerata l’obesità dal 91% dei medici. Le raccomandazioni più frequenti dei medici alle persone con obesità sono di migliorare le abitudini alimentari e praticare attività fisica, raramente di ricorrere a farmaci o alla chirurgia bariatrica. Poco frequente il consiglio di rivolgersi a nutrizionisti o dietisti. Sono i principali risultati della survey condotta in Italia, all’interno dello studio internazionale Action-Io. I dati italiani sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Eating and weight disorders - Studies on anorexia, bulimia and obesity.

L’obiettivo di Action-Io (Awareness, care, and treatment in obesity MaNagement – an International observation), che ha coinvolto 11 paesi in cinque continenti, è stato quello di identificare le percezioni, le attitudini, i comportamenti e gli ostacoli per la cura dell’obesità sia per le persone con obesità sia per i medici. In Italia sono state 1.500 le persone con obesità e 300 i medici che hanno completato il questionario.

Dalla survey è emerso che, nonostante l’84 per cento delle persone con obesità sia consapevole del grande impatto dell’obesità sulla salute generale, quasi il 40 per cento non la ritiene una malattia cronica, al contrario del già ricordato 91% dei medici. Inoltre, è importante sottolineare che solo una piccola parte di persone con obesità (il 13%) e di medici (il 19%) ha dichiarato che la società e/o l'assistenza sanitaria italiana stiano rispondendo alle esigenze delle persone con questa malattia.

“L’obesità deve essere considerata come una malattia cronica, a patogenesi multifattoriale, che necessita di cure e attenzioni adeguate”, afferma Paolo Sbraccia, Vice-presidente Ibdo Foundation e ordinario di Medicina interna dell’Università di Roma “Tor Vergata. “La gestione terapeutica è complessa e richiede un approccio multidimensionale. Le principali linee guida dell’obesità indicano che il primo passo della terapia è rappresentato dalla modificazione degli stili di vita attraverso l’intervento nutrizionale, l’incremento dell’attività fisica strutturata e le modifiche comportamentali. Tuttavia, quando questa prima strategia risulta insufficiente o del tutto inefficace è possibile ricorrere alla terapia farmacologica e in alcuni casi alla chirurgia bariatrica”.

Dallo studio è emerso che rispetto alle conversazioni riguardo il peso, le raccomandazioni più frequenti dei medici alle persone con obesità sono state di migliorare le abitudini alimentari e ridurre l’apporto calorico (63%) e praticare attività fisica (63%). Meno frequentemente è stato consigliato di seguire una dieta specifica (22%) o programmi di allenamento (34%) e raramente di ricorrere a farmaci per la perdita di peso su prescrizione (11%) o alla chirurgia bariatrica (10%). Poche volte è stato anche raccomandato di rivolgersi a degli specialisti (24%) e a nutrizionisti o dietisti (31%).

Inoltre, solo una minoranza di medici ritiene attualmente disponibili valide opzioni farmacologiche (25%) o di chirurgia bariatrica (58%) per perdere peso. Analogamente, la maggior parte delle persone con obesità ha dichiarato che preferisce gestire il proprio peso autonomamente piuttosto che dover ricorrere all’utilizzo di farmaci (83%) o della chirurgia (81%).

“In linea con lo studio internazionale Action-Io, i dati italiani rivelano la necessità di implementare le conoscenze sull’obesità di medici, governi, persone con obesità e opinione pubblica in generale, migliorando l’educazione relativa alle basi biologiche per far sì che venga riconosciuta come malattia cronica”, conclude Sbraccia. “In secondo luogo, bisogna sfidare la percezione errata che l'obesità sia sotto il controllo dell’individuo e i medici devono promuovere conversazioni utili sulla perdita di peso. Infine, è necessario migliorare la formazione degli operatori sanitari per quanto riguarda la gestione clinica dell'obesità sottolineando l'importanza di un approccio multidisciplinare”.

Nicola Miglino

 

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