Riabilitazione nutraceutica: la condroprotezione

21 Settembre 2022

I nutraceutici possono rappresentare una valida strategia nella prevenzione e/o cogestione dell’osteoartrosi (Oa) in associazione o meno alle terapie convenzionali, così come ribadito nel corso del XII congresso nazionale Sinut (Società italiana di nutraceutica) conclusosi nei giorni scorsi a Bologna.

La potenziale combinazione di molecole nutraceutiche, infatti, ha dimostrato di agire su pathway biochimici differenti, migliorando il dolore percepito, lo stato infiammatorio e i fenomeni di stress ossidativo e contribuendo perciò al miglioramento della rigidità articolare. Studi più ampi e a lungo termine sono, comunque, necessari per consolidare questo approccio nella pratica clinica, oltre al fine di focalizzare l'attenzione sui meccanismi molecolari dei nutraceutici nella mitigazione dei processi di infiammazione e del dolore.

“L’osteoartrosi è una condizione infiammatoria degenerativa della cartilagine articolare che attualmente colpisce circa 58 milioni di adulti nel mondo”, sottolinea Alessandro Colletti, del dipartimento di Scienza e tecnologia del farmaco dell’Università degli studi di Torino, nonché segretario Sifnut (Società italiana formulatori in nutraceutica). “È caratterizzata da dolore, rigidità e un ridotto range di movimento articolare. Questi sintomi possono causare a lungo termine un maggior rischio di sovrappeso/obesità, diabete mellito e cadute e fratture”.

Gold standard per questa condizione è il trattamento con farmaci antinfiammatori non steroidei, oppioidi e farmaci selettivi per la COX-2. Grande interesse, però, stanno catturando i nutraceutici che comprendono una classe eterogenea di molecole di grande potenziale per ridurre l'infiammazione, lo stress ossidativo, il dolore, la rigidità articolare e rallentare la degradazione della cartilagine.

“Tali effetti sono particolarmente desiderabili nell’atleta professionista e dilettante, specie negli sport ad elevata usura articolare”, prosegue Colletti. “A tal proposito, una corretta integrazione di nutraceutica ha dimostrato di ridurre sensibilmente il danno articolare negli atleti, come riportato in studi clinici randomizzati. Tra i nutraceutici più utilizzati il condroitin solfato, la glucosamina solfato, il collagene, l’acido ialuronico ed il metilsulfonilmetano si sono rivelati efficaci nel miglioramento dei sintomi clinici e nella diminuzione degli indici infiammatori in soggetti osteoartrosi. Da un punto di vista molecolare, i nutraceutici agiscono prevalentemente sulle vie di segnalazione alla base della patogenesi dell'osteoartrosi, dell'infiammazione e dello stress ossidativo”.

Il vantaggio della maggior parte dei nutraceutici sembra quello di esercitare effetti pleiotropici agendo attraverso vie d'azione diverse ma complementari per quanto riguarda la riduzione dell'infiammazione e dello stress ossidativo. Per questo motivo, l'integrazione è stata proposta anche come complementare alla terapia convenzionale al fine di ridurre i dosaggi e/o il numero di somministrazioni di farmaci e quindi i potenziali effetti collaterali.

“Uno dei limiti più rilevanti per quanto riguarda gli integratori alimentari è la bassa bioaccessibilità orale, che inevitabilmente riduce l'efficacia finale dei trattamenti”, conclude Colletti. “In questo contesto è importante sottolineare come il successo di un'integrazione nutraceutica non dipenda esclusivamente dalla corretta scelta del principio attivo e dal dosaggio di somministrazione, ma anche dalle corrette formulazioni bionutraceutiche. Questo aspetto può spiegare in parte la grande eterogeneità dei risultati degli studi clinici, che dipendono dai principi della ricerca clinica, compresa l'attenta selezione e stratificazione dei pazienti con criteri di inclusione ed esclusione e l’analisi delle potenziali variabili e fattori di confondimento, al fine di evitare risultati incoerenti”.

Nicola Miglino

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