La ricerca ha coinvolto 30 donne tra la 12ma e la 16ma settimana di gestazione, divise in due gruppi: uno ha ricevuto 500 mg/die di colina + più 50 mg/die di colina marcata con deuterio, in modo che potesse essere successivamente rilevata. L'altro gruppo, di controllo, ha ricevuto 25 mg/die di sola colina marcata.
Tutte le partecipanti hanno ricevuto 200 mg/die di Dha e un multivitaminico, continuando a seguire la dieta abituale. Campioni di sangue e urina sono stati prelevati, a digiuno, a inizio studio e durante le settimane 20-24 e 28-30 di gestazione. Al momento del parto, sono stati prelevati anche campioni di sangue materno e cordonale.
Tracciando la colina marcata, i ricercatori hanno potuto verificare come questa sia in grado di donare gruppi metile alla fosfatidiletanolammina N-metiltransferasi, un enzima che trasforma la fosfatidiletanolammina in fosfatidilcolina, uno dei trasportatori preferenziali del Dha dal fegato al sangue.
“I risultati mostrano che l'integrazione di colina facilita il rilascio di Dha dal fegato in corso di gravidanza”, commenta Marie Caudill, docente di Scienze della nutrizione all’Università di Berkley e prima firma dello studio. “Una volta liberato nel sangue, il Dha può così rendersi disponibile per tutto l’organismo, compresa la placenta. Integrando colina e Dha insieme, possiamo dunque aumentare la biodisponibilità di quest’ultimo. Questo tipo di interazioni tra nutrienti non è certo una novità, se consideriamo, per esempio, il miglior assorbimento intestinale di calcio grazie alla vitamina D o la biodisponibilità del ferro favorita dalla vitamina C”.
In uno studio precedente, gli stessi Autori avevano, peraltro, già dimostrato come un'elevata assunzione di colina in gravidanza, oltre che ridurre il rischio di preeclampsia, sia in grado di migliorare nel bambino la risposta allo stress e le funzioni cognitive.
"I nostri risultati sembrano indicare nella colina un fattore chiave per la biodisponibilità di Dha nell’organismo”, concludono. “Gli studi futuri dovranno aiutarci a capire quanto questo possa tradursi in benefici clinici per la donna e il nascituro”.
Nicola Miglino