“La letteratura suggerisce come in questi pazienti si registrino forti carenze vitaminiche, specialmente nelle fasi avanzate di malattia”, sottolineano gli Autori. Le strategie di integrazione possono aiutare a migliorare lo stress ossidativo e la salute immunitaria dell’organismo. In particolare, la vitamina D si rivela importante per il suo ruolo immunomodulatore nel migliorare la risposta virale nei pazienti con epatite cronica, ma anche nel ridurre l'infiammazione in caso di Nafld e nel ridurre l'incidenza del rigetto del trapianto e delle infezioni nei pazienti immunocompromessi. Altre vitamine chiave nel metabolismo epatico sono la C e la E. Agiscono come antiossidanti e il loro ruolo nella progressione della Nafld in Nash (steatopatite non alcolica) è davvero rilevante. L'aggiunta di vitamina E al pioglitazone nei pazienti diabetici con Nash istologicamente documentata è ormai considerata prima linea di trattamento ed è stata inserita nelle linee guida dell’Aasld (American association for the study of liver diseases). Deficit di vitamina K vengono segnalati da una marker, la Pivka (Proteina indotta da assenza di Vitamina K o antagonista II), utilizzato come strumento diagnostico per cirrosi o Hcc. La stessa vitamina K può esercitare un’azione antiproliferativa, contribuendo, in caso di carcinoma epatocellulare, alla riduzione di recidive e a una migliore sopravvivenza a lungo termine se combinata con agenti antitumorali. In conclusione, il ruolo delle vitamine non va sottovalutato nell'approccio alle malattie del fegato e l’integrazione dovrebbe far parte di un’efficace strategia di trattamento”.
Nicola Miglino