"Sappiamo da tempo che un livello più alto di acidi grassi Omega-3 nel sangue è associato a un minor rischio di malattie cardiache", sottolinea Kaixiong Ye, coordinatore della ricerca. "Quello che abbiamo scoperto è che la supplementazione di olio di pesce non fa bene a tutti, ma gli effetti dipende dal genotipo. Se hai un background genetico specifico, l'integrazione aiuterà ad abbassare i trigliceridi. Altrimenti si verifica l’effetto esattamente opposto".

Il team di Ye ha preso in esame profilo lipidico e genetico di un campione di 70 mila individui selezionati dalla Uk biobank, che contiene informazioni di oltre mezzo milione di persone nel Regno Unito. Sono stati suddivisi in due gruppi, consumatori di integratori di olio di pesce (circa 11.000) e non. Hanno poi eseguito una scansione dell'intero genoma per ciascun gruppo, testando otto milioni di varianti genetiche e mettendole a confronto. Dopo aver eseguito più di 64 milioni di test, i loro risultati hanno rivelato una significativa variante allelica del gene Gjb2 che codifica per la proteina connessina, coinvolta nella formazione di gap junction che consentono il trasporto di nutrienti. La presenza o meno di tale variante determina aumento o diminuzione dei trigliceridi a seguito di un’integrazione con oli di pesce.

I risultati, secondo gli Autori, spiegherebbero anche gli esiti degli studi che non hanno individuato benefici della supplementazione sul rischio cardiovascolare in quanto non prevedevano una valutazione della suscettibilità individuale. Prossimo obiettivo dichiarato è di valutare gli effetti dell’integrazione in soggetti precedentemente selezionati sulla base della variante allelica.

Nicola Miglino