L’obbligatorietà, a dire il vero, riguarda solo bevande in fascia C e D. Obiettivo: contribuire alla riduzione dell’apporto di zuccheri nella popolazione, il cui consumo medio è arrivato a 60 g/die, il 20% dei livelli raccomandati, con più del 50% attribuibile proprio alle bevande zuccherate.
Un gruppo di ricercatori della sede locale della Duke University ha voluto testarne l’efficacia sul campo, allestendo una sorta di mini-market virtuale e chiedendo a 140 consumatori di fare acquisti, offrendo loro, suddivisi in due bracci a disegno incrociato, prodotti con o senza Ng.
I risultati, pubblicati sull’International journal of behavioral nutrition and physical activity, hanno confermato come l’etichetta abbia indotto a consumi più virtuosi, con il carrello della spesa alleggerito di 1,5 g di zuccheri per bevanda acquistata rispetto al gruppo di controllo. Se però si va vedere la spesa totale e la si pesa in termini di calorie acquistate, non risultano differenze, nemmeno nella riduzione di acidi grassi.
Secondo gli Autori, dunque, “Le sole etichette non bastano in quanto, evidentemente, l’eccesso calorico è stato compensato da acquisti di altri cibi non sani”, concludono gli Autori. “Si tratta, però, di un importante passo avanti e sarà il tempo a indicarne l’efficacia nella capacità di condizionare gli acquisti”.