Integratori, Pellizzato (Sifnut): cosa dire e cosa no in etichetta

21 Settembre 2022

Tra gli argomenti maggiormente discussi in ambito nutraceutico, vi è senza dubbio quello relativo alle informazioni che possono essere veicolate al consumatore finale e ai professionisti sanitari senza incorrere in provvedimenti da parte delle autorità regolatorie, a partire dall’Istituto di autodisciplina pubblicitaria. Dopo più di trent’anni dalla sua definizione, infatti, la nutraceutica ancora non trova una sua collocazione nel panorama legislativo europeo, continuando ad attingere dalla normativa alimentare, unico riferimento ufficiale per tutti i prodotti che veicolano sostanze nutraceutiche come, tra gli altri, integratori alimentari e alimenti a fini medici speciali. Questo ha portato, nel tempo, alla formazione di diverse aree grigie, compresa quella relativa alla comunicazione.

 Cosa è possibile comunicare? A chi? Attraverso quali canali e strumenti? Ne abbiamo parlato con Marzia Pellizzato, vicepresidente della Società italiana formulatori in nutraceutica (Sifnut), nel corso del XII congresso nazionale Sinut (Società italiana di nutraceutica) tenutosi di recente e a Bologna: “Per rispondere a queste domande è necessario prima interrogarsi su cosa sia obbligatorio comunicare rispetto a un integratore alimentare”, sottolinea Pellizzato. Esistono, infatti, informazioni che, per legge, il consumatore deve conoscere prima del suo acquisto di un prodotto. Principale impegno delle autorità è infatti quello di garantire la sicurezza nell’utilizzo dello stesso, che passa anche per la corretta comunicazione. Tali informazioni sono riportate nel Reg. 1169/2022 che obbliga a esplicitare in etichetta o sulla piattaforma e-commerce tutte le informazioni relative al prodotto, tra cui categoria merceologica e nome, indicazioni, modo d’uso e ingredienti, avvertenze generali relative a specifici componenti, modalità di conservazione, contenuto, stabilimento di produzione, operatore commerciale responsabile del prodotto”.

A questa parte obbligatoria, sono poi affiancabili le cosiddette informazioni volontarie.

“Possono essere divise in due tipologie”, continua Pellizzato. “Informazioni tecniche aggiuntive sul prodotto come, per esempio, assenza di glutine, lattosio o zuccheri e informazioni sulla funzionalità, i cosiddetti health claim. Questi ultimi vengono stabili dal Reg. UE 432/2012 e attribuiscono una funzionalità salutistica ai componenti nel formulato, mai al prodotto, utilizzando i campi semantici del supporto, contributo, mantenimento delle fisiologiche funzionalità dei vari distretti anatomici. Tuttavia, una vasta area grigia è segnata dal fatto che sempre più spesso i prodotti presentano caratteristiche peculiari in termini di formulazione e studi effettuati che le aziende tengono a comunicare, per dare valore distintivo al proprio formulato. Tali informazioni aggiuntive possono essere veicolate al consumatore in modo limitato, senza mai vantare attività curative, nemmeno in presenza di risultati clinici. La questione è sottilmente diversa per quanto riguarda la comunicazione verso il medico o il professionista della salute. Infatti, su materiali informativi quali brochure e presentazioni tecniche, è possibile riportare per esteso tutti i dati, pur non potendo farne discendere una applicazione diversa da quella di supporto, e contributo alla normale funzionalità e benessere dell’organismo”.

Così conclude Pellizzato: “Per riassumere, è bene, dunque, ribadire che l’etichetta è il primo mezzo di comunicazione con il consumatore e può essere arricchita di informazioni accessorie, pur nei limiti che impone la normativa vigente. È possibile comunicare al consumatore le caratteristiche distintive di un prodotto a patto che il messaggio non sottenda un’attività curativa del formulato così come comunicare al medico o al professionista della salute attraverso materiali di marketing i risultati completi di studi scientifici operati sul prodotto”.

Nicola Miglino

 

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