Nutrizione di precisione: quale interazione cibo-Dna?

23 Ottobre 2019

“La nutrizione di precisione rappresenta al momento un ipotetico approccio per la predizione, la prevenzione e il trattamento di alcune delle principali malattie croniche nel singolo individuo. È pertanto necessaria estrema cautela prima di annunciare l’inizio di una nuova era”.

Così Giampaolo Collecchia, medico di Medicina generale dello Csermeg (Centro studi e ricerche in medicina generale in un contributo pubblicato sul mensile specializzato M.D. Medicinae Doctor.

Lo spunto ad approfondire l’argomento, evidenzia in premessa l’autore, gli è arrivato da una paziente giunta in ambulatorio con una dieta “genetica”, cioè un piano dietetico elaborato in base a test genetici.

Con familiarità per diabete e sovrappeso, la signora si era arresa al fallimento di tutte le tipologie di dieta seguite sino ad allora per perdere qualche chilo. Poi, la svolta: “Dottore, questa volta risolvo il problema. Non è vero che siamo quello che mangiamo, dobbiamo mangiare quello che siamo, quello che ci dice il nostro Dna”.

L’articolo, perciò, prende in rassegna i dati più aggiornati in letteratura sull’argomento, informazioni utili all’autore da una parte per fare un quadro esaustivo delle evidenze e, ovviamente, per poi poter dare un consiglio appropriato all’assistita.

“La nutrizione di precisione si propone di personalizzare gli interventi nutrizionali, sulla base delle caratteristiche del singolo individuo, utilizzando le conoscenze di nutrigenetica, nutrigenomica e nutriepigenomica per prevenire o contribuire a trattare malattie croniche come l’obesità, il diabete di tipo 2, le neoplasie e altre condizioni patologiche come le alterazioni lipidiche e il metabolismo della vitamina D” dice Collecchia. “La disponibilità di nuove tecnologie e le sempre maggiori conoscenze in ambito “omico” hanno fatto ipotizzare la possibile realizzazione di una nutrizione personalizzata. L’analisi molecolare del genoma e del metaboloma ha infatti evidenziato numerose varianti associate, mediante la loro interazione con i fattori dietetici, alla suscettibilità a molte malattie croniche. Queste conoscenze hanno enormi potenzialità, ma non vi sono attualmente risultati validati in ambito clinico”.

Nel lavoro viene presa in esame una serie di studi randomizzati sull’argomento che portano alle seguenti conclusioni:

“L’associazione tra profilo genetico e rischio di malattie croniche è in generale meno forte rispetto a test genetici come il Brca1 per il rischio di cancro della mammella. Sono state identificate numerose varianti in grado di influenzare i parametri metabolici, ma è arbitrario attribuire al profilo genetico individuale un ruolo determinante per malattie come il diabete e l’obesità, la cui espressione fenotipica è caratterizzata da patogenesi complesse, multifattoriali, dinamiche, in gran parte sconosciute. Nonostante i risultati preliminari, le prove di efficacia per una nutrizione di precisione sono molto deboli. Individui con genotipi diversi rispondono in maniera dissimile a differenti interventi nutrizionali, ma gli studi al momento disponibili non consentono di utilizzare le informazioni genetiche per un approccio dietetico individualizzato”.

 

 

 

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