Acqua, frutti di mare, birra, sale: così la plastica si nasconde nel cibo

18 Giugno 2019

Cinque grammi di plastica ogni settimana, ovvero il peso equivalente di una carta di credito. Un totale di 2 mila frammenti che entrano nel nostro corpo attraverso ciò che mangiamo o beviamo: 21 grammi al mese, 250 l’anno. Sono i dati, resi pubblici nei giorni scorsi, di uno studio commissionato dal Wwf all’Università di Newcastle, in Australia, che ha passato in rassegna oltre 50 pubblicazioni sul tema delle microplastiche.

La maggior parte delle particelle è sotto i 5 micron di dimensioni e viene assunta con l’acqua, in bottiglia o dal rubinetto. Ovviamente i dati differiscono per area geografica, tanto che in Stati Uniti e India, ci sono due volte più tracce di plastica che nelle acque europee. Le fonti alimentari più a rischio sono frutti di mare, birra e sale.

I risultati di questo nuovo studio, concludono i ricercatori, rappresentano un passo importante verso la comprensione dell’impatto dell’inquinamento da plastica sugli esseri umani. “Queste scoperte devono servire come allarme per i governi”, spiega Marco Lambertini, direttore generale del Wwf. “La plastica non inquina solo i nostri oceani e uccide gli organismi marini, ma è in tutti noi ed è urgente un’azione globale per affrontare questa minaccia”. Tuttavia, ad oggi gli effetti delle microplastiche sulla nostra salute sono ancora poco conosciute. “Mentre le ricerche indagano sui potenziali effetti negativi sulla salute umana è chiaro a tutti che si tratta di un problema globale, che può essere risolto solo affrontando le cause alla radice”, conclude Lambertini. “Se non vogliamo plastica nel corpo, dobbiamo fermare i milioni di tonnellate di plastica che continuano a diffondersi nella natura”.

 

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