Tumore prostatico: dagli andrologi i cibi-scudo che riducono il rischio

20 Aprile 2022

Tè verde, pomodoro cotto, frutti rossi, uva e melagrana. Questi gli alimenti che possono davvero fare la differenza nella prevenzione del tumore alla prostata, secondo quanto ribadito al recente congresso della Società italiana di andrologia (Sia) tenutosi a Roma.

All’interno di una dieta bilanciata, poi, anche gli integratori possono giocare un ruolo protettivo nella popolazione a rischio, se sotto consiglio medico, individuando il prodotto giusto e la dose corretta, per avere massima efficacia e sicurezza.

Secondo le conclusioni degli esperti che hanno analizzato e descritto a fondo la letteratura scientifica sull’argomento, le evidenze più solide riguardano proprio alcuni cibi che contengono sostanze ad azione antiossidante e antiproliferativa, come epigallocatechine, licopene, resveratrolo e di recente il pterostilbene.

“L’assenza di sintomi precoci specifici nei pazienti con cancro alla prostata obbliga a elaborare strategie di prevenzione mirate ed efficaci”, spiega Alessandro Palmieri, presidente Sia. “È fondamentale prendere coscienza di quelli che sono i principali fattori di rischio, come avere una storia familiare di tumore della prostata, l’età avanzata e la dieta. È dimostrato che l’assunzione di eccessive quantità di alcol, grassi saturi, derivati del latte, possono avere un ruolo nella genesi di tale neoplasia, ma la ricerca scientifica negli anni ha sempre cercato di individuare farmaci o prodotti naturali in grado di prevenire l’insorgenza di tumore della prostata, se somministrati a individui a maggior rischio o a quei pazienti che presentavano già lesioni precancerose, ad altissima probabilità di sviluppare una neoplasia prostatica”.

Secondo Davide Arcaniolo, membro della Commissione scientifica Sia, tra i composti naturali più studiati in quest’ambito “vanno sicuramente annoverati le epigallocatechine e il licopene, sostanze ad azione antiossidante ed antinfiammatoria, contenute in grande quantità principalmente nel tè verde e nel pomodoro. In uno studio clinico su un gruppo di soggetti ad alto rischio di tumore alla prostata si è visto che chi assumeva regolarmente epigallocatechine derivate dal tè verde vedeva ridotto del 60% il rischio di ammalarsi rispetto a chi assumeva solo placebo. Il rischio può ridursi fin dell’80% con un’assunzione di queste sostanze per due anni consecutivi. Per quanto riguarda il licopene, contenuto in grandi quantità nel pomodoro, una metanalisi di 42 studi con l’osservazione di quasi 700mila partecipanti, ne ha dimostrato un effetto protettivo superiore alla maggior parte degli altri composti, fatta eccezione per il tè verde. L’assunzione nella dieta è limitata da un basso assorbimento intestinale, che viene facilitato quando il pomodoro viene cotto. Gli studi clinici hanno dimostrato che la riduzione dell’incidenza di tumore della prostata è ridotta proporzionalmente all’assunzione di licopene e delle sue concentrazioni nel sangue. La riduzione del rischio varia dal 12% per tutti i tipi di tumore della prostata fino al 26% per i tumori più aggressivi”.

Nuovi studi hanno dimostrato, in aggiunta, la particolare efficacia del resveratrolo, non solo come azione preventiva ma anche come supporto ai trattamenti antitumorali per l’altissimo potenziale antiossidante che agisce sia nello stato iniziale del cancro, attraverso fattori di blocco, sia nello stato più avanzato attraverso fattori di soppressione che ne frenano la progressione.

Prosegue Palmieri: “Solo di recente un’altra sostanza, il pterostilbene, un antiossidante simile al resveratrolo del vino rosso e presente in diversi cibi, dal mirtillo alle arachidi, ha mostrato a sua volta proprietà preventive in uno studio appena pubblicato su Cancer prevention research. Un ruolo chiave, come supporto alla terapia di trattamento del cancro prostatico, svolge anche l’acido ellagico contenuto nella melagrana. Uno studio pubblicato su European urology ha dimostrato una riduzione della tossicità indotta dalla chemioterapia, in particolare la neutropenia nei pazienti con cancro prostatico ormone-refrattario”.

Al congresso si è ribadito come siano sempre più numerosi gli andrologi che prescrivono integratori ai loro pazienti ad alto rischio, con risultati molto efficaci.

“Tuttavia, bisogna prestare la massima attenzione ai supplementi, che devono essere prescritti dallo specialista per individuare il tipo di prodotto giusto per ciascun paziente, con le giuste modalità di utilizzo, in modo che la dose corretta non sia troppa bassa e quindi inefficace ma neppure troppo alta e quindi a rischio di effetti collaterali”, conclude Palmieri. “Gli integratori non sono una panacea, ma vanno accompagnati da un’alimentazione e uno stile di vita sani: per questo il valore degli antiossidanti preventivo e di supporto alle cure contro il cancro della prostata, è tale solo nell'ambito di una valutazione specialistica che ne indichi l'impiego più appropriato”.

Nicola Miglino

 

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