Covid-19, possibili vantaggi dalla vitamina D in caso di comorbilità

03 Febbraio 2021

Nuovi dati a corredo dell’ipotesi che la vitamina D ad alte dosi migliori la prognosi di Covid-19 giungono da un’analisi condotta da un team dell’Università di Parma, Verona e degli Istituti di ricerca Cnr di Reggio Calabria e Pisa guidato da Sandro Giannini del dipartimento di Medicina dell’Università di Padova, pubblicata su Nutrients.

«La nostra è stata una ricerca retrospettiva condotta su 91 pazienti affetti da Covid-19, ospedalizzati durante la prima ondata pandemica nell’area Area Covid-19 della Clinica medica 3 dell’Aou di Padova”, dice Giannini. “I pazienti inclusi nella nostra indagine, età media 74 anni, erano stati trattati con le associazioni terapeutiche allora adoperate in questo contesto e, in 36 soggetti su 91, con 200.000 UI di vitamina D per 2 giorni consecutivi. Gli altri 55 pazienti non avevano ricevuto l’integrazione. La scelta di trattamento si era basata essenzialmente su alcune caratteristiche cliniche e di laboratorio: bassi livelli nel sangue di vitamina D al momento del ricovero; stato di fumatore attivo; elevati livelli di D-Dimero ematico; grado rilevante di comorbidità.  Lo studio aveva l’obiettivo di valutare se la proporzione di pazienti che andavano incontro a trasferimento in terapia intensiva e/o morte potesse essere condizionata dall’assunzione di vitamina D. Durante un periodo di follow-up di 14 giorni circa, 27 pazienti sono stati venivano trasferiti in terapia intensiva - Icu -  e 22 sono deceduti. Nel complesso, 43 pazienti, ovvero il 47,3%, sono andati incontro a morte o trasferimento in Icu”.

Dall’analisi statistica emerge che il “peso” delle comorbidità, rappresentate da storia di malattie cardiovascolari, broncopneumopatia cronica ostruttiva, insufficienza renale cronica, malattia neoplastica non in remissione, diabete mellito, malattie ematologiche e malattie endocrine, modificava in modo significativo l’effetto protettivo della vitamina D: maggiore era il numero delle comorbidità presenti, più evidente era il beneficio indotto dalla vitamina D.

“In particolare, nei soggetti che avevano assunto il colecalciferolo, il rischio di andare incontro a decesso/trasferimento in Icu era ridotto di circa l’80% rispetto a chi non l’aveva assunto” prosegue Giannini. “Il nostro lavoro dimostra, quindi, il potenziale effetto benefico della somministrazione della vitamina D in quei pazienti affetti da Covid-19 che, come molto spesso accade, presentano rilevanti comorbidità e indica l’opportunità di condurre studi appropriati a conferma di questa ipotesi”.

 

 

 

 

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