Benefici di chetogenica e digiuno intermittente sul rischio cardiovascolare

30 Settembre 2020

La loro popolarità è in crescita, in particolare tra chi ha l’obiettivo di perdere peso. Un gruppo di clinici americani, però, ne ha voluto verificare, sulla base dei dati oggi disponibili, l’effetto su indici metabolici legati al rischio cardiovascolare. Parliamo della dieta chetogenica e del digiuno intermittente, oggetto di una review da poco pubblicata sull’American journal of medicine. Obiettivo degli autori era raccogliere informazioni e indicazioni sulla base di quanto a oggi noto in merito all’effetto dei due approcci dietetici su obesità, dislipidemia, ipertensione e glicemia.

Il modello chetogenico limita l'assunzione di carboidrati a non più di 50 g/die o non più del 10% dell’apporto calorico giornaliero. I grassi rappresentano il macronutriente principale, seguiti da un modesto consumo di proteine. L’effetto finale è la formazione di corpi chetonici, che vengono poi utilizzati per il ciclo di Krebs.

Rispetto a quanto riportato in letteratura, gli Autori sostengono che l'approccio chetogenico sembra garantire benefici a breve termine per quanto riguarda obesità, ipertensione, dislipidemia, iperglicemia e resistenza all'insulina. Questo vantaggio deriva da una combinazione di effetti: lipolisi, azione diuretica e restrizione calorica. Sugli effetti a lungo termine i dati disponibili non sono coerenti, senza trascurare che l’aderenza nel tempo a questo modello dietetico restrittivo si rivela comunque problematica. Una delle principali preoccupazioni della dieta chetogenica è che consente il consumo di grassi saturi e alimenti di origine animale come la carne rossa, noti per aumentare il rischio di malattie cardiovascolari, malattie renali e cancro. Pertanto, si raccomanda prudenza, poiché questo approccio alimentare non è il più indicato nella maggior parte dei casi, mentre può essere proposto per la prevenzione cardiovascolare in soggetti particolarmente motivati, meticolosi e disciplinati.

Per quanto riguarda il digiuno intermittente, vengono presi in esame due modelli, quello del digiuno a giorni alterni, con giorni “al minimo” seguiti da altri a consumo ad libitum, e lo schema 16:8, ovvero mangiare nell’arco di 8 ore e digiunare le 16 successive.

In generale, emerge come il digiuno intermittente sembri efficace per la prevenzione e il trattamento di vari fattori di rischio cardiovascolare. Di recente, oltretutto, una review ne ha messo in evidenza l’utilità nella prevenzione di obesità e diabete, nonché nel trattamento di altri fattori di rischio cardiovascolare. Si ricorda, poi, che comunque il digiuno intermittente attiva la chetogenesi con gli stessi benefici di una dieta chetogenica su perdita di peso e cardioprotezione ma senza gli effetti dislipidemici. Ciò detto, si conferma la necessità di ampi studi per valutarne le implicazioni definitive, i regimi ottimali e la sostenibilità nel tempo.

Queste le considerazioni finali degli Autori: “Dieta chetogenica e digiuno intermittente hanno guadagnato molta popolarità negli ultimi dieci anni. Condividono meccanismi simili in quanto entrambi inducono la lipolisi e generano corpi chetonici in grado di determinare benefici cardiovascolari. Il digiuno intermittente può rappresentare un'opzione più sicura, perché presenta meno rischi di ingenerare dislipidemia. Comunque, entrambi possono essere utili per il controllo di fattori di rischio cardiovascolare, se però vengono accompagnati da regimi alimentari salutari e dopo un'attenta valutazione del profilo metabolico e delle comorbidità del paziente. Entrambi gli approcci dietetici richiedono, però, studi a lungo termine e con gruppi di controllo meglio organizzati per stabilirne definitivamente efficacia e sicurezza nella gestione della sindrome metabolica”.

Nicola Miglino

 

 

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