Diabetologi, endocrinologi e medici delle cure primarie sono in una posizione privilegiata per identificare le persone con NAFLD (Steatosi Epatica Non Alcolica). In tutti i soggetti che non risultano ad alto rischio la malattia, di fatto, può essere gestita con un approccio multidisciplinare in ambulatorio, soprattutto nelle sue fasi iniziali dove intervenire potrebbe portare i maggiori benefici in termini di rallentamento della progressione se non di vera e propria reversibilità delle alterazioni epatiche. I pazienti ad alto rischio, invece, saranno invece da inviare allo specialista epatologo.
Il cibo giapponese è un utile supporto per rallentare la progressione di danno al fegato in chi soffre di steatosi epatica non alcolica (Nash). A sostenerlo, un recente studio pubblicato su Nutrients da un gruppo di ricercatori della Osaka University.
Integratori ricchi di idrossitirosolo e vitamina E per il trattamento della steatosi epatica non alcolica e della fibrosi correlata in età pediatrica. Una prospettiva aperta da uno studio italiano da poco pubblicato su Nutrients che ha visto la collaborazione tra l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, il Centro obesità dell'Università Politecnica delle Marche e l’Università di Messina. A parlarcene, Anna Alisi, responsabile dell’Unità di Genetica molecolare dei caratteri complessi al Bambino Gesù e coordinatrice della ricerca.
Recentemente è stato segnalato un aumento del rischio di steatosi epatica non alcolica in pazienti con celiachia, costretti a seguire una dieta priva di glutine. Principale indiziata, la composizione nutrizionale degli alimenti senza glutine confezionati. Ipotesi, però, non sufficientemente indagata. Un utile contributo al tema arriva da uno studio di alcuni ricercatori bolognesi pubblicato su Nutrients. Ne abbiamo parlato con Francesco Tovoli, del dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche dell’Università di Bologna e coordinatore dello studio.