D.ssa Salvetti, per quale motivo è stata necessaria la riclassificazione?
Dal punto di vista tassonomico, il genere Lactobacillus includeva 260 specie caratterizzate da una diversità genetica molto ampia secondo i moderni approcci filogenetici basati sull’analisi del Dna genomico, e quindi, secondo noi, non compatibile all’appartenenza a un unico genere. Questa eterogeneità ha creato confusione nella comunicazione di dati riguardanti i lattobacilli, non solo all’interno della comunità scientifica, ma anche per altri operatori del settore come aziende produttrici di probiotici e starter commerciali, consumatori e associazioni di categoria.
Chi si è fatto carico del lavoro?
Un team di 15 scienziati provenienti da Cina, Belgio, Italia, Germania, Irlanda, Giappone e Canada guidato da Giovanna Felis, del dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona, Michael Ganzle dell’Università dell’Alberta, in Canada, e Sarah Lebeer dell’Università di Anversa. I revisori scientifici del lavoro lo hanno poi accettato, validando la bontà delle nostre osservazioni.
Quali sono i principali risultati del lavoro?
Abbiamo suddiviso il genere Lactobacillus in raggruppamenti più omogenei e sono stati descritti 23 nuovi generi che includono specie strettamente correlate dal punto di vista genomico e che condividono caratteristiche ecologiche e fenotipiche. Quindi, dove prima c’erano 2 generi, Lactobacillus e Pediococcus, ore ne esistono 25.
Qualche esempio di modifica?
La riclassificazione riguarda specie di interesse tecnologico quali Lactobacillus casei, Lactobacillus plantarum e Lactobacillus reuteri che ora si chiameranno Lacticaseibacillus casei, Lactiplantibacillus plantarum e Limosilactobacillus reuteri, rispettivamente. Altre specie come Lactobacillus delbrueckii subsp. Bulgaricus, utilizzato nella produzione dello yogurt, e Lactobacillus acidophilus invece non hanno subito alcun cambiamento.
Cosa ci si attende dopo questa pubblicazione?
Ci aspettiamo una fase di transizione, e ci stiamo adoperando perché sia breve: in questo lasso di tempo, il nuovo codice di comunicazione verrà acquisito sia nella comunità scientifica che in quella industriale. I nomi scientifici dei microorganismi, infatti, sono come dei “tag” e costituiscono riferimenti fondamentali per la ricerca e la comunicazione scientifica; nel caso di microrganismi utilizzati negli alimenti, come i lattobacilli, i nomi sono essenziali per la comunicazione tra aziende, attraverso le schede tecniche di prodotto, con gli enti regolatori, attraverso i dossier, e con i consumatori, attraverso le etichette di alimenti e integratori. Per facilitare tutti gli stakeholders nella traduzione dei nomi vecchi in nuovi, sono stati realizzati dei siti web patrocinati dagli enti di ricerca che hanno partecipato allo studio, di semplice consultazione e di libero accesso: http://lactobacillus.ualberta.ca; http://lactotax.embl.de/wuyts/lactotax/.
Quali le ricadute per gli scienziati, il regolatore e il mercato?
Dal punto di vista scientifico, la descrizione di gruppi omogenei permetterà il disegno di studi sperimentali più coerenti e l’analisi più strutturata di meccanismi alla base di proprietà di interesse tecnologico e salutistico. Per quanto riguarda l’ambito industriale e il regolatorio a esso associato, si assisterà, nei prossimi mesi/anni, ad un aggiornamento delle informazioni sulle schede tecniche e sulle etichette di molti prodotti probiotici garantendo al consumatore una maggiore trasparenza nella comunicazione. Il cambiamento nei nomi dà un’idea dell’attenzione che questi microrganismi così importanti ricevono a livello scientifico e dell’avanzamento delle conoscenze legato a questi studi. A mio parere, questa può essere, per le aziende, un’eccellente nuova opportunità di marketing: i nomi sono un mezzo per informare e sensibilizzare il consumatore, dimostrandogli l’attenzione agli aspetti scientifici, che sono alla base di prodotti affidabili e di qualità.
Nicola Miglino