Bassi livelli di vitamina D sono correlati da una parte ad aumento di Il-6 e, dall’altra, a una maggiore gravità di Covid-19. Questi i risultati di uno studio osservazionale condotto da un gruppo di lavoro dell’Università di Siena e dell’Irccs Istituto auxologico italiano, comparso nei giorni scorsi nell’area First Look on Ssrn delle riviste del gruppo The Lancet, spazio open access dove vengono raccolti lavori in attesa della peer review e prima dell’effettiva pubblicazione.

Il detonatore è un articolo sul sito del quotidiano la Repubblica dal titolo: “Mangia il ferro di cui si nutre il virus, così la lattoferrina può combattere il Covid". Racconta di una ricerca condotta dall’Università Tor Vergata di Roma in collaborazione con l’Università La Sapienza che suggerisce un effetto protettivo della lattoferrina contro Covid-19. Da una parte, le farmacie della Capitale vengono prese d’assalto mentre, dall’altra, impazza la guerra mediatica tra scienziati.

“Studi epidemiologici e osservazionali supportano l'ipotesi di un ruolo protettivo della vitamina D nei confronti di Sars-coV-2, ma si tratta per lo più di analisi retrospettive o basate su piccoli campioni. Sono dunque necessarie ulteriori ricerche, molte delle quali in corso, per verificare l'utilità della supplementazione nella prevenzione e/o nel trattamento di Covid-19, nonché per chiarirne il ruolo nei processi fisiopatologici”. Così Riccardo Caccialanza, direttore dell’Uoc di Dietetica e Nutrizione clinica al San Matteo di Pavia, uno dei maggiori esperti italiani e internazionali per quanto riguarda la relazione tra nutrizione e Covid-19.

Molto clamore ha suscitato, lo scorso aprile, la presa di posizione dell’Agenzia per la sicurezza alimentare francese (Anses) contro l’impiego di integratori a base di piante ed estratti vegetali in pazienti affetti da Covid-19 o sospetti tali. A distanza di qualche mese, dalle pagine del Journal of alternative and complementary medicine (Jacm), giunge una serie di considerazioni da parte di illustri clinici, ricercatori ed esperti italiani guidati da Fabio Firenzuoli, direttore del Cerfit, Centro di ricerca e innovazione in fitoterapia di Careggi, Firenze, utili a dare un contributo al dibattito. Paper ovviamente sottoposto a processo di peer review.

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