Contro contaminazioni e sprechi alimentari in arrivo i cristalli fotonici

17 Giugno 2020

Scovare contaminazioni batteriche negli alimenti sfruttando la luce e i colori in maniera da fornire strumenti pratici di misurazione sia a livello industriale che domestico. Risultato? Cibo più sicuro e crollo dello spreco alimentare. A questa rivoluzione tecnologica, che fa perno su materiali ben noti in fisica quali i cristalli fotonici, sta lavorando un team interdisciplinare formato da ricercatori del centro Iit (Istituto italiano di tecnologia) per le nanoscienze e tecnologia di Milano, del gruppo di nanochimica all’Iit di Genova e del dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Paternò, coordinatore del progetto.

Dr. Paternò, qual è il quadro europeo e la situazione italiana per ciò che concerne le tossinfezioni alimentari?

Nell’ultimo rapporto dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, nel 2018 si riportano circa 5 mila focolai di tossinfezione alimentare con 50 mila persone infettate nei 26 paesi membri. In Italia, in particolare, nello stesso anno si riportano 5 mila casi di infezioni da tra Salmonella e Campylobacter. È evidente dunque, che l’impatto sanitario di tali infezioni nelle nostre comunità è consistente.

Oltre ai rischi per la salute, vi sono dati su quanto le contaminazioni determino spreco di cibo?

Oltre che al costo sanitario, le tossinfezioni sono una delle cause più importanti di spreco alimentare. Per esempio, le contaminazioni crociate durante le fasi di produzione del cibo possono provocare il deperimento di interi lotti, con conseguenze pesanti dal punto di vista economico. Anche in ambito domestico la cattiva conservazione del cibo può portare allo sviluppo di agenti patogeni che sono pericolosi prima di tutto per la salute e poi anche per il portafoglio. A titolo di esempio, si stima che il 30% dell’intera produzione mondiale di cibo venga sprecata e che la contaminazione alimentare concorra con un 25% a tale frazione.

Voi state lavorando a una soluzione innovativa per l’individuazione precoce di alimenti contaminati. Tutto ruota intorno ai “cristalli fotonici”. Di che si tratta?

I cristalli fotonici sono materiali che a seconda del tipo di strutturazione a livello micrometrico, ovvero di un milionesimo di metro, riflettono determinate lunghezze d’onda dello spettro, generando colori che non dipendono dalla presenza di pigmenti o coloranti. Questo è un fenomeno che, per esempio, impartisce il colore alle ali delle farfalle e al collo dei piccioni. Queste strutture, se opportunamente ingegnerizzate, possano cambiare colore quando in contatto con contaminanti batterici. I nostri primi esperimenti hanno rivelato che il colore dei cristalli fotonici può cambiare, per esempio diventando verde quando entrano in contatto con Escherichia coli, che è uno dei più comuni e pericolosi contaminanti alimentari. Stiamo attualmente lavorando sia sull’ottimizzazione della risposta visuale, ovvero con colori che vanno dal rosso al verde, sia sulla specificità a diversi ceppi batterici, dalla salmonella all’Escherichia coli.

Chi è coinvolto nel progetto di ricerca?

La nostra ricerca è attualmente finanziata da Fondazione Cariplo e dal Centro Grafico Dg, un’azienda del settore dei security foils.

Come pensate di tradurre l’idea in un prodotto spendibile sul mercato?

Noi stiamo lavorando a due idee di prodotto. Da una parte pellicole alimentari batterio-sensibili, tali da produrre un avviso colorimetrico veloce e affidabile della contaminazione in corso e minimizzare sia i rischi per la salute che lo spreco alimentare. Dall’altra, etichette intelligenti che cambiano colore se messe a contatto con campioni contaminati. In quest’ultimo caso, l’etichetta potrebbe essere utilizzata sia per campionamenti a livello aziendale che dal consumatore finale, quando non è sicuro della sicurezza dell’alimento.

Con il vostro sistema è possibile “scovare” solo contaminanti biologici o anche chimici, come per esempio tracce di inchiostro o plastica?

Lo schema di rivelazione che utilizza i cristalli fotonici come sensori colorimetrici è molto flessibile. Il dispositivo, difatti, può essere ingegnerizzato per ospitare o “annusare” il contaminante. L’importante è che il sistema da rilevare faccia cambiare le proprietà ottiche del materiale costituente o l’arrangiamento micrometrico del cristallo in maniera selettiva e tempestiva. 

Quanto tempo ci vorrà per avere qualcosa di già utilizzabile?

L’obiettivo nostro e dell’azienda partner è quello di avere un prototipo di prodotto per la fine del 2020.

Nicola Miglino

 

 

 

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