La risposta al cibo è strettamente individuale e personalizzata. Conta la genetica, ma meno di quanto si pensi, mentre altri fattori entrano in gioco e fanno la differenza, a partire dalla composizione dei cibi, per arrivare al microbiota e a stili di vita che comprendono, per esempio, attività fisica e qualità del sonno. Inutile, dunque, impostare diete standard: su tutti vince la cosiddetta nutrizione personalizzata o di precisione in quanto, a parità di alimento assunto, la risposta metabolica tra un individuo e l’altro può variare anche fino a dieci volte.
Si è fatto un gran discutere, in questi ultimi mesi, dello stato infiammatorio che altera il sistema immunitario nei pazienti colpiti da Covid-19, aggravandone il quadro clinico e la prognosi. Molti i suggerimenti, spesso fuorvianti, sulle strategie di difesa. Di certo, non si può prescindere dalla considerazione che il 70-80% delle cellule immunitarie del nostro organismo si trovi nell’intestino, in stretta correlazione con il microbiota e che, dunque, la varietà di alimenti e nutrienti introdotti con la dieta giochino un ruolo chiave nel regolare questo complesso sistema. Ne abbiamo parlato con Mauro Serafini, docente di Alimentazione e Nutrizione umana all’Università di Teramo
La vita in isolamento rischia di farci fare i conti con un’eredità pesante, anche in termini di nuove abitudini alimentari e relative ricadute. A rivelarlo, un’indagine realizzata da Villa Miralago (centro per la cura dei disturbi del comportamento alimentare) e dalla School of management (Som) del Politecnico di Milano, attraverso un questionario online per comprendere il ruolo che il cibo e l’alimentazione in generale stanno avendo durante questo periodo di isolamento.
Non basta sapere quali cibi mangiamo, ma, a protezione delle cellule cerebrali, è fondamentale capire come li combiniamo tra loro. Questa potrebbe essere una delle chiavi di volta in grado di prevenire l’insorgenza di demenza secondo uno studio appena pubblicato su Neurology.