Per combattere il Covid-19 è indispensabile tenere insieme la tutela della salute e quella dell’ambiente. La pandemia ha dimostrato che potenza economica e tecnologica non sono in grado di evitare enormi danni sanitarie sociali. Imparare la lezione che questa emergenza sta duramente impartendo può consentire di essere preparati per i prossimi, probabili, eventi simili.

Se nella maggior parte dei casi si è riusciti a portare avanti il lavoro in modalità smart, per un professionista su quattro il lockdown ha significato l’interruzione completa dell’attività. Non solo si è ridotto il numero dei nuovi pazienti, ma nel 75% dei casi sono calate anche le richieste di consulenza da parte di quelli presi già in carico.

Ancora numeri ufficiali non sono disponibili, ma da più parti giungono segnali d’allarme sul rischio che quasi tre mesi di isolamento dovuti alla pandemia in corso possano aver aggravato quadri clinici legati a disturbi dell’alimentazione se non, addirittura, averli generati.

A parlarcene, Riccardo dalle Grave, direttore Unità di Riabilitazione nutrizionale Casa di Cura Villa Garda (Vr) che ha da poco pubblicato su Psycology Today un contributo sull’argomento

Si è fatto un gran discutere, in questi ultimi mesi, dello stato infiammatorio che altera il sistema immunitario nei pazienti colpiti da Covid-19, aggravandone il quadro clinico e la prognosi. Molti i suggerimenti, spesso fuorvianti, sulle strategie di difesa. Di certo, non si può prescindere dalla considerazione che il 70-80% delle cellule immunitarie del nostro organismo si trovi nell’intestino, in stretta correlazione con il microbiota e che, dunque, la varietà di alimenti e nutrienti introdotti con la dieta giochino un ruolo chiave nel regolare questo complesso sistema. Ne abbiamo parlato con Mauro Serafini, docente di Alimentazione e Nutrizione umana all’Università di Teramo

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