I disturbi dell'evacuazione e le feci dure sono comuni nei paesi industrializzati e colpiscono in media dal 12% al 17% della popolazione adulta sana a qualsiasi età. L'integrazione alimentare con probiotici può essere utile per ridurre il disturbo.

Negli ultimi anni, gli studi sull'uomo, insieme a studi in vitro e in vivo sugli animali, hanno dimostrato che le comunità microbiche intestinali svolgono un ruolo chiave nella patogenesi di diverse malattie gastrointestinali e non gastrointestinali. La composizione batterica nel lume varia dal cieco al retto con una pronunciata variabilità nella composizione microbica nello stesso individuo se misurata in mesi, settimane e persino giorni. Fattori come la dieta, l'assunzione di farmaci, i viaggi o il tempo di transito nel colon possono influenzare la composizione microbica nel tempo.

Il microbiota intestinale in via di sviluppo è inevitabilmente e interdipendentemente coinvolto nella maturazione delle vie endocrine, immunitarie e metaboliche durante i primi anni di vita e notevole attenzione è stata quindi data dalla ricerca al suo ruolo nell’obesità, nel diabete mellito e nella steatosi epatica non alcolica. Il tasso di crescita batterica, ovvero il tasso di variazione nel tempo del numero di cellule in un determinato habitat, rappresenta oggi una caratteristica indipendente dell'effetto del microbiota intestinale sull'ospite ed è stato significativamente correlato con diversi disturbi infiammatori e metabolici negli adulti. 

Trattare la disbiosi con probiotici come approccio adiuvante in caso di Covid-19. Questa l’ipotesi suggerita da un gruppo di Autori su La Revue des microbiotes, in base alle evidenze scientifiche oggi disponibili che mettono in evidenza la forte correlazione tra gravità della malattia e alterazioni della flora batterica intestinale.

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