Diverse evidenze sperimentali sembrano indicare un ruolo importante giocato dalla vitamina K nel metabolismo osseo. Un suo deficit, infatti, è stato collegato ad aumentato rischio di fratture in studi osservazionali e trial clinici. Per fare il punto, un gruppo di lavoro guidato da Maria Fusaro, ricercatrice presso il Cnr di Pisa e l’Università di Padova, ha realizzato una review pubblicata su Nutrients dei dati a oggi disponibili, suggerendo la necessità di avviare ulteriori studi con sufficiente potere statistico per fare luce in un ambito clinico sicuramente promettente.

I benefici cardiovascolari della vitamina K potrebbero dipendere non dalla forma k1 (fillochinone) ma dalla K2 (menachinone). Questo quanto sostenuto da un gruppo di ricercatori olandesi, britannici e francesi che hanno raccolto ed esaminato dati da un pool di poco più di 100 mila persone affette da cardiopatia afferenti a tre database: European prospective investigation into cancer and nutrition (Epic)-Cvd case-cohort study; CardiogramplusC4D a Uk Biobank.

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