Il 5-idrossitriptofano (5-Htp), aminoacido naturale che non partecipa alla sintesi proteica ma è il precursore del neurotrasmettitore serotonina e dell'ormone amminico melatonina, svolge un ruolo importante nella regolazione delle emozioni, del comportamento, del sonno, del dolore e della temperatura corporea. È attualmente usato nel trattamento di depressione, insonnia ed emicrania, ma il suo ruolo si sta dimostrando interessante anche in altri ambiti terapeutici.

Oltre alla terapia farmacologica oggi la pratica clinica guarda con grande interesse al ruolo che possono esercitare le opzioni di trattamento “integrato” alla fibromialgia: esercizio, rilascio miofasciale, psicoterapia e integrazione di nutrienti. Quest’ultima è una modalità di trattamento oggi ampiamente studiata poiché numerose carenze sono state collegate alla fibromialgia.

L' integrazione con picnogenolo si segnala come una strategia efficace nel controllare i sintomi, in particolare legati al dolore, associati a fibromialgia, determinando un minor ricorso a Fans e cortisonici. L’indicazione arriva da uno studio italiano pubblicato su Panminerva Medica, che vede come prima firma Gianni Belcaro, fondatore dell’Irvine Vascular Lab dell’Università di Chieti-Pescara e responsabile del San Valentino Vascular Screening Project presso il dipartimento di Scienze mediche, orali e biotecnologiche, dell’ateneo abruzzese.

Colpisce tra il 2 e l’8% per cento della popolazione, in prevalenza donne, con una sintomatologia variegata e poco specifica tale per cui ancora oggi parte della comunità scientifica, non essendoci marker diagnostici, la considera una psicopatologia. Parliamo della fibromialgia, la cui cura è ancora lontana dall’essere trovata ma che vede invece nell’approccio dietetico un utile presidio di supporto per la gestione dei sintomi, come ribadito da un recente lavoro apparso su Nutrients. Ne abbiamo parlato con due delle Autrici, entrambe del dipartimento di Medicina sperimentale e clinica dell’Università degli Studi di Firenze: Giuditta Pagliai e Barbara Colombini, docente di Fisiologia presso l’ateneo toscano.

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