Intolleranze: ricerca italiana svela identikit dei formaggi privi di lattosio

01 Dicembre 2021

Sfatiamo un mito: chi soffre di intolleranza al lattosio non deve eliminare drasticamente tutti i latticini. Una ricerca, pubblicata di recente su Foods e guidata da Angela Zinnai, docente di Tecnologie alimentari all’Università di Pisa e Maria Sole Facioni, presidente dell’Associazione italiana latto-intolleranti ha contribuito a identificare nuovi possibili formaggi Dop (Di origine protetta) come naturalmente privi di lattosio così da essere inclusi nella dieta dei soggetti latto-intolleranti. Bisogna, però, che tali prodotti siano facilmente riconoscibili dai consumatori all’acquisto. Abbiamo chiesto ad Angela Zinnai di illustrarci i dati principali dello studio.

P.ssa Zinnai, qual è la diffusione dell'intolleranza al lattosio in Italia?

Si stima che l’incapacità di digerire il lattosio sia comune a più del 50% della popolazione italiana con qualche differenza tra regioni settentrionali e meridionali. Una percentuale che sale ulteriormente a livello mondiale, raggiungendo una media intorno al 70%.

Qual è stato l'obiettivo della vostra ricerca?

Il fenomeno delle intolleranze e delle allergie alimentari è sempre più attuale, come una semplice ricerca su Google o un giro tra gli scaffali dei supermercati può confermare. Nonostante il trend positivo, a causa della mancanza di una normativa comunitaria che regolamenti l’utilizzo del claimsenza lattosio’, si moltiplicano le diciture fuorvianti che evidenziano l’assenza di lattosio nei prodotti, contribuendo a generare confusione nel consumatore latto-intollerante. Una volta scoperta l’intolleranza al lattosio, l’errore più comune è eliminare drasticamente tutti i latticini, pensando che il lattosio si trovi esclusivamente in latte e derivati. È invece possibile evitare inutili restrizioni e riscoprire gusti ormai abbandonati. Il nostro progetto di ricerca ha proprio lo scopo di fornire informazioni univoche sul quantitativo di lattosio presente nei principali formaggi Dop, caratterizzati da stagionature diverse. Lo studio si propone quindi di incrementare e diversificare l’offerta dei prodotti caseari adatti all’alimentazione dei soggetti intolleranti al lattosio.

Come avete condotto l'indagine?

Per realizzare questo lavoro, è stato necessario in primis condurre una revisione della letteratura scientifica finora disponibile. L’ultima pubblicazione sul tema risale al 2007 in cui sono state riscontrate alcune lacune e sicuramente l’utilizzo di tecniche analitiche non più attuali. Una volta appurata la mancanza di dati aggiornati e l’incongruenza tra i vari database di composizione degli alimenti, si è reso necessario indagare la percezione della tematica oggetto di studio tra i principali attori di questo scenario: i professionisti della nutrizione e i consumatori latto-intolleranti. L’indagine è stata realizzata in collaborazione con l’Associazione italiana latto-intolleranti - Aili - che ha partecipato alla somministrazione dei due questionari realizzati ad hoc. Sulla base delle informazioni raccolte, sono stati quindi selezionati 25 formaggi Dop, di cui 21 italiani e 4 stranieri, i più presenti sulle tavole degli italiani, per determinarne il contenuto di lattosio. Proprio per dare un eccellente supporto tecnico-scientifico, sono state ricercate e impiegate le tecniche analitiche più sensibili e specifiche che riescono a rilevare un contenuto residuo di lattosio inferiore a 0,001%. Questo contenuto, corrispondente al limite più basso rilevabile dalle analisi, è a dire il vero inferiore a quello previsto dalla normativa italiana per dichiarare un prodotto privo di lattosio, pari allo 0,1%, ma si tratta di una soglia molto più sicura per tutte le tipologie di latto-intolleranti. Grazie al contributo dei vari Consorzi di tutela e ai produttori intervistati, sono stati, inoltre, indagati i processi produttivi che caratterizzano ciascuno dei formaggi selezionati nello studio, al fine di determinare i fattori maggiormente responsabili della perdita di lattosio.

Quali risultati sono emersi?

Dai risultati è evidente come le carenze di dati scientificamente attendibili si ripercuotano sulle etichette dei formaggi disponibili a scaffale, dove è facile riscontrare l’assenza o l’incongruenza tra le varie diciture anche presenti all’interno della stessa tipologia di Dop, creando inevitabilmente confusione e disinformazione nel consumatore latto-intollerante. A conferma di ciò, si riporta che il 36,4% dei consumatori intolleranti al lattosio intervistati acquista solo Grana Padano e Parmigiano Reggiano con stagionatura oltre 30-36 mesi, mentre ben il 43% dei nutrizionisti consiglia solo stagionature oltre 30 mesi. In entrambi i gruppi di intervistati, il 97% ha dichiarato di ritenere necessaria una tabella con l’elenco dei formaggi da includere nella dieta senza lattosio.

Quali prodotti hanno superato il test?

Tra i formaggi che hanno superato tutte le prove analitiche si ritrovano Grana Padano e Parmigiano Reggiano, già dalla loro prima stagionatura e Pecorino Romano, confermando quanto già pubblicato dai rispettivi Consorzi. Gorgonzola, Asiago, Brie, Montasio, Taleggio, Provolone Valpadana, Caciocavallo Silano e Fontina, sul cui residuo di lattosio si interrogano in molti da tempo, grazie a questo studio risultano avere un residuo di lattosio inferiore allo 0,001% e decretabili come “naturalmente privi di lattosio”. In ultimo, ma non per minore importanza, emergono Bra, Bitto, Castelmagno, Fiore Sardo, Pecorino Sardo, Pecorino Siciliano, Piave, Stelvio, Toma Piemontese e Valtellina Casera, mentre quelli che non hanno passato il test sono esclusivamente il Pecorino Toscano con stagionatura inferiore ai quattro mesi e la Mozzarella di Bufala Campana che è stata usata come campione di controllo. Tra i formaggi esteri ritroviamo Emmentaler, Le Gruyére e Cheddar che risultano anch’essi senza lattosio per natura.

Che tipo di conclusioni si possono trarre sulla base di quanto emerso?

Grazie a questo studio è possibile sfatare qualche mito. I primi responsabili della perdita di lattosio nella maggior parte dei formaggi selezionati sono i fermenti lattici che trasformano in acido lattico la maggior parte di questo zucchero. La stagionatura, fino a oggi ritenuta la principale causa della riduzione del lattosio, passa quindi in secondo piano, ridefinendo il suo ruolo soprattutto nei formaggi a pasta morbida. In conclusione, questo lavoro di ricerca ha contribuito a identificare nuovi possibili formaggi Dop come naturalmente privi di lattosio così da essere inclusi nella dieta dei soggetti latto-intolleranti.

Esistono criticità ancora da risolvere?

Nonostante gli incoraggianti risultati ottenuti, non è da trascurare la necessità di valutare la variabilità composizionale che si può presentare anche all’interno di uno stesso formaggio Dop. A oggi, l’unica certificazione inerente la naturale assenza di lattosio è il marchio internazionale Lfree®, di proprietà della start-up innovativa Effefree Srl, che ha promosso il progetto di ricerca. Con l’apposizione del marchio sull’etichetta del prodotto, si otterrebbe l’identificazione chiara e univoca dei formaggi naturalmente senza lattosio e il miglioramento dell’esperienza di acquisto del consumatore latto-intollerante. Come riportato in una recente ricerca bibliografica condotta da Effefree e Aili, in collaborazione con ricercatrici della Fondazione Veronesi, il miglioramento dell’etichettatura dei prodotti senza lattosio è oggi necessario per gestire quest’intolleranza, evitare carenze nutrizionali e soddisfare le esigenze di un segmento di consumatori in continua crescita, non solo in Italia, ma anche all’estero.

Nicola Miglino

 

 

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