Berberina, come migliorarne la biodisponibilità

29 Aprile 2020

Pubblicato in Videointerviste

Alessandro Colletti
Segretario Sifnut (Società italiana formulatori in nutraceutica)
Responsabile macroregionale Sinut (Società italiana di nutraceutica)

 

La berberina è nota nella comunità scientifica per i suoi effetti ipolipemizzanti e ipoglicemizzanti. Tra gli aspetti di maggiore criticità nel suo impiego, sicuramente la scarsa biodisponibilità orale, inferiore all’1%.
Da una parte, a livello intestinale le particelle di berberina formano aggregati particellari che non permettono alla sostanza di passare in soluzione e, così, il 56% viene eliminato dalle feci. Un 43-44%, poi, subisce un forte metabolismo intestinale a opera del microbiota e del cit p450.
Inoltre, è anche substrato della glicoproteina P che restituisce al lume intestinale quel poco che riesce a passare nell’enterocita.
Tre le strategie di formulazione per by-passare gli ostacoli:
1. Utilizzo di inibitori della glicoproteina P come la silimarina;
2. Utlizzo di ehnancer di permeabilità come chitosano o sodio caprato;
3. Utilizzo di complessi lipidici come micelle, nanoemulsioni, o liposomi che migliorano solubilità, permeabilità e tensione superficiale.

Top
Questo sito utilizza i cookies, che consentono di ottimizzarne le prestazioni e di offrire una migliore esperienza all'utente. More details…