Fragole, spinaci, cavolo. E poi, ancora, pesche noci e mele. Questa la top five nella classifica di frutta e verdura non biologiche con maggiori residui di pesticidi stilata in Usa dall’Environmental working group, organizzazione ecologista no profit che annualmente prende in esame i campionamenti del dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti (Usda) per misurare i livelli di contaminazione.

Quasi la metà dei campioni analizzati con residui di pesticidi. Nella frutta oltre il 70%. L’89,2% dell’uva da tavola, l’85,9% delle pere e l’83,5% delle pesche sono campioni regolari con almeno un residuo e, tra i campioni esteri, individuati una bacca di Goji con ben 10 residui e tè verde con 7 residui provenienti dalla Cina. Questi alcuni dei principali risultati dell’edizione 2020 di “Stop Pesticidi”, il rapporto elaborato da Legambiente in collaborazione con Alce Nero, reso pubblico lo scorso dicembre.

Solo un cittadino europeo su cinque considera la sicurezza alimentare la preoccupazione principale nello scegliere i cibi, eppure gli alimenti non sicuri contenenti batteri, virus, parassiti o sostanze chimiche nocive provocano più di 200 malattie che vanno dalla diarrea al cancro. Questi sono alcuni dei dati presentati da Efsa (European food safety authority) in occasione della Giornata mondiale della sicurezza alimentare 2020 tenutasi lo scorso 8 giugno.

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