La celiachia in Italia: fotografia in chiaroscuro

05 Maggio 2020

Una patologia cronica, che colpisce prevalentemente le donne, con una media di circa 8 mila nuovi casi all’anno, in una fascia di età compresa tra i 19 e i 40 anni. Nessuna cura, se non una dieta rigorosamente priva di glutine che sconta però un sistema di erogazione gratuita dei prodotti non ancora omogeneo tra le Regioni. Questo è il quadro nazionale che emerge dalla Relazione annuale al Parlamento sulla celiachia presentata nei mesi scorsi e realizzata dalla Direzione generale per l’igiene e la sicurezza del ministero della Salute. Si tratta degli ultimi dati disponibili, relativi all’anno 2018.

Nel nostro Paese, nel 2018, c’erano 214.239 celiaci, con un incremento di 7.500 diagnosi rispetto all’anno precedente. Le regioni con i numeri più alti risultavano essere: Lombardia (38.420); Lazio (21.020); Campania (20.735); Emilia Romagna (17.999). Quelle con il numero minore di casi: Valle d’Aosta (558) e Molise (999).

“Una patologia” – si legge – “ormai classificata come cronica che si sviluppa in soggetti geneticamente predisposti e che colpisce circa l'1% della popolazione”.

Dai dati emerge in maniera sempre più evidente che quasi i 2/3 della popolazione celiaca sono di sesso femminile.

“È noto che la risposta immunitaria nelle donne è particolarmente sviluppata e veloce. Questa aggressività del sistema immunitario potrebbe essere correlata al ruolo biologico della donna nel corso dell’evoluzione che l’ha portata verso una maggiore sensibilizzazione verso gli agenti infettivi anche per poter far fronte alle infezioni post-parto”.

Analizzando le singole realtà regionali risulta che le Regioni con la percentuale di celiaci maggiore, in rapporto alla popolazione, sono la Toscana e la Provincia Autonoma di Trento con lo 0,45 %, seguite, con lo 0.44 %, da Sardegna e Valle D’Aosta. Analizzando l’andamento delle nuove diagnosi negli ultimi 3 anni (2016, 2017 e 2018) la media registrata si aggira intorno alle 8.000 nuove diagnosi all’anno. La fascia di età in cui si registrano più casi è quella compresa tra i 19 e i 40 anni.

Registro dei prodotti senza glutine e criticità nell’erogazione gratuita

Nel nostro Paese, il Decreto ministeriale del 17 maggio 2016 ha stabilito che l’erogabilità è possibile solo per gli alimenti senza glutine classificabili come “senza glutine” “specificamente formulati per persone intolleranti al glutine” o “specificamente formulati per celiaci” ossia quegli alimenti sostitutivi di pane e pasta caratterizzati tradizionalmente dalla presenza di cereali contenenti glutine.  Le nuove categorie degli alimenti “senza glutine” erogabili gratuitamente sono definite nel Dm 10 agosto 2018, e comprendono gli alimenti di base essenzialmente fonti di carboidrati:

  • a) pane e affini, prodotti da forno salati;
  • b) pasta e affini, pizza e affini, piatti pronti a base di pasta;
  • c) preparati e basi pronte per dolci, pane, pasta, pizza e affini;
  • d) prodotti da forno e altri prodotti dolciari;
  • e) cereali per la prima colazione.

I prodotti appartenenti alle categorie sopraelencate possono essere erogati gratuitamente solo se inclusi nel Registro nazionale dei prodotti senza glutine pubblicato on line sul sito del ministero della Salute.

“Il sistema di erogazione gratuita previsto per gli alimenti non è ancora omogeneo tra le Regioni e questo, purtroppo, oltre a creare disparità di trattamento ai celiaci, impedisce di fatto la libera concorrenza che, invece, permetterebbe una riduzione fisiologica dei prezzi” si legge nel documento. “La disomogeneità di trattamento circa il plafond mensile, le modalità di assegnazione e i canali di accesso consentiti per l’acquisto di tali prodotti hanno reso necessaria l’istituzione di un gruppo di lavoro in cui il ministero della Salute insieme con le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano e con il supporto di esperti di settore stanno lavorando al fine di:

  • garantire lo stesso trattamento a tutti i cittadini celiaci;
  • monitorare l’intero processo di assegnazione, distribuzione e spesa del budget;
  • costruire sistemi regionali dematerializzati, più aggiornati, più razionali e trasparenti ma anche più aperti nei confronti delle esigenze del cittadino celiaco;
  • mettere in comunicazione i diversi sistemi regionali tra di loro;
  • stimolare la libera concorrenza e la riduzione dei prezzi.

Così conclude il documento: “La celiachia è una condizione molto spesso a rischio di complicanze ma una diagnosi precoce insieme a un corretto regime alimentare possono portare alla completa remissione dei sintomi. Riuscire a soddisfare i bisogni e le aspettative dei cittadini celiaci e delle loro famiglie è una sfida ambiziosa e ogni anno è stato possibile apprezzare i nuovi risultati raggiunti grazie alla promozione della cultura della sicurezza alimentare e all’impegno e alla collaborazione di chi lavora in questo settore”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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