Dieta, integratori e nutraceutici a protezione dell’invecchiamento cerebrale

03 Dicembre 2019

La dieta mediterranea è la migliore strategia nutrizionale per mantenere una corretta funzione cerebrale. Sono queste le conclusioni recenti dell’Alzheimer association, la più grande organizzazione di volontariato, impegnata nell'assistenza, nel sostegno e nella ricerca sul morbo di Alzheimer, incaricata dal World dementia council di elaborare un documento di consenso sui fattori di rischio modificabili per il declino cognitivo e la demenza.

Oltre all’attività fisica, emerge così il ruolo chiave della dieta, in particolare quella mediterranea e sono ormai molti gli studi di intervento che sottolineano l’importanza di alcuni composti del cibo nel supportare una corretta fisiologia cerebrale e nel condizionare processi cognitivi e tono dell’umore.

Ne abbiamo parlato con Giovanni Scapagnini, ordinario di Nutrizione umana all’Università del Molise e Vice-presidente della Società italiana di nutraceutica (Sinut), in occasione della presentazione della nuova Review scientifica sull’integrazione alimentare curata da Integratori Italia.

Prof. Scapagnini, che ruolo gioca la dieta nei processi di invecchiamento cerebrale?

Il ruolo di nutrienti essenziali, di composti non essenziali e addirittura di non nutrienti derivanti dalla dieta e l’uso di sostanze nutraceutiche in grado di interferire positivamente su infiammazione e stress è sempre più considerato una potenziale strategia preventiva nei confronti delle patologie neurodegenerative e dell’invecchiamento cerebrale in generale.

Quali sono i nutrienti chiave del cervello?

La principale risorsa energetica del cervello è il glucosio. Molti altri nutrienti, però, risultano essenziali per una corretta fisiologia neuronale, come per esempio la maggior parte delle vitamine, in particolare quelle del gruppo B come la B6, la B12 e l’acido pantotenico.

Gli Omega-3?

Molti studi suggeriscono che diete ricche di Omega-3 a catena lunga si associno a un ridotto rischio di declino cognitivo. I livelli di Dha sono infatti particolarmente elevati nel cervello e nella retina e il Dha è il Pufa più abbondante tra quelli presenti nelle membrane dei neuroni. Sulla base di tali considerazioni l’Efsa ha approvato un’indicazione salutistica del Dha specifica per il supporto alla corretta fisiologia cerebrale a un dosaggio giornaliero di 250 mg e per il contributo a un normale sviluppo cerebrale nell’infanzia, in questo caso 100 mg da 0 a 24 mesi, 250 mg dai 2 anni in poi.

Per quanto riguarda, invece, i fosfolipidi?

Nel cervello i principali sono la fosfatidilcolina e la fosfatidilserina. La prima è abbondante in cibi quali uova fegato, soia e carne di maiale. Non ci sono studi che associano una carenza alimentare di colina allo sviluppo di deficit cognitivi, ma è possibile che i livelli di assunzione con la dieta favoriscano la fisiologia dei processi cognitivi. Recentemente, la citicolina, intermedio della sintesi dei fosfolipidi, ha ottenuto l’approvazione Efsa come novel food, a dosaggio di 500 mg/die e, in quanto fonte di colina, viene proposta come supplementazione per il supporto delle funzioni cognitive.

La fosfatidilserina, presente in diversi alimenti di origine vegetale e animale, ha dimostrato di migliorare le performance cognitive in modelli animali nonché, nell’uomo, di favorire le funzioni cognitive in soggetti anziani e affetti da demenza di grado lieve, ridurre gli effetti deleteri dello stress psicogeno e di migliorare le performance mentali durante test di calcolo negli atleti dopo esercizio fisico.

Si parla molto anche della L-acetil carnitina…

L’efficacia nei disturbi cognitivi non è ancora stata definitivamente dimostrata, benché l’interesse in questo ambito resti ancora molto elevato.

Che dire, invece, sul fronte degli estratti vegetali?

L’utilizzo della curcumina e dei suoi effetti antiossidanti e antinfiammatori è stato ampiamente esplorato dalla ricerca scientifica.  Nel nostro laboratorio e in altri si sono evidenziati effetti neuroprotettivi in vari modelli sperimentali di morte neuronale, compresa la capacità di ridurre l’aggregazione di beta-amiloide. Dal punto di vista clinico, i primi studi condotti su pazienti alzheimeriani hanno fornito buone indicazioni, ma pochi riscontri in termini di miglioramento sintomatico. Più interessante la possibilità di definire strategie nutraceutiche mirate con la curcumina in soggetti a rischio o affetti da disturbi cognitivi lievi e non ancora con diagnosi di Alzheimer. Uno dei principali limiti dell’uso della curcumina è la scarsa biodisponibilità, ma le nuove formulazioni rappresentano una grande promessa per il futuro.

Cacao e Ginko biloba?

L’assunzione di flavanoli del cacao è in grado di regolare e migliorare le funzioni vascolari dell’organismo. Alla dose di 200 mg/die, hanno ottenuto un’indicazione salutistica approvata dall’Efsa, riguardo l’effetto benefico sulla circolazione sanguigna. Negli ultimi anni, molte sono state le evidenze sulla loro capacità di ridurre il danno ossidativo, sostenere il tono dell’umore e migliorare le capacità mnemoniche.

Come integratore, il Ginko biloba è ampiamente utilizzato contro i disturbi della memoria e nelle condizioni associate a riduzione del flusso sanguigno. Il miglior risultato in termini di beneficio dose-dipendente dell’estratto titolato sulle funzioni cognitive è stato ottenuto mediante l’assunzione di un dosaggio giornaliero di 240 mg e si è osservato soprattutto negli studi che includevano pazienti con disturbi neuropsichiatrici significativi.

Quali conclusioni possiamo trarre?

I limiti di valutare l’efficacia di una sostanza nutrizionale sul cervello sono spesso intrinseci allo studio stesso, essendo il cervello un tessuto difficile da esaminare in termini di biomarcatori attendibili e, soprattutto per quanto riguarda la prevenzione di malattie neurodegenerative e comportamentali, richiedendo analisi con tempi lunghi e popolazioni molto ampie. È bene, però, ricordare, che l’Efsa pubblicato le linee guida per valutare l’efficacia di sostanze nutrizionali o derivate dal cibo sulle funzioni cerebrali. Sebbene tale documento non rappresenti, per stessa ammissione dell’Efsa, una guida esaustiva degli approcci per valutare in maniera attendibile il rapporto causa/effetto di una sostanza sulle funzioni cerebrali, è sicuramente un notevole passo avanti per impostare studi nutrizionali significativi in tale area.”

Nicola Miglino

 

 

 

 

 

 

 

 

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