-->

Proprietà immunomodulanti del selenio

24 Marzo 2020

Il selenio è stato identificato per la prima volta come sottoprodotto della produzione di acido solforico nel 1817 da un chimico svedese, Jöns Jacob Berzelius, e per molti anni è stato considerato una tossina ambientale con potenziali effetti dannosi per l'uomo. Nel 1957, il lavoro pionieristico di Schwarz e colleghi, dimostrò che la necrosi epatica nei ratti poteva essere prevenuta con l'integrazione a basse concentrazioni di selenio, gettando nuova luce su questo microelemento e portando al suo riconoscimento come micronutriente essenziale.

Nel 1973 la scoperta: il selenio è un componente integrale necessario per l'attività della glutatione perossidasi e da allora questo oligoelemento è divenuto oggetto di numerose ricerche che hanno dimostrato il suo ruolo sostanziale nella salute umana, con particolare interesse per le sue capacità immunomodulanti e antivirali.

Il selenio agisce principalmente attraverso selenoproteine, molte delle quali sono selenoenzimi antiossidanti e proprio le cellule del sistema immunitario esprimono la maggior parte dei 25 geni che codificano per le selenoproteine ​​umane, con gli isoenzimi GPx GPx1 e GPx4 che mostrano i più alti livelli di espressione sia nei linfociti T che nei macrofagi.

L'integrazione con 100 μg/die di Se sottoforma di selenite ha comportato un aumento dell'espressione genica dei fattori richiesti per la biosintesi delle proteine ​​nei linfociti del sangue isolati, indicando una maggiore proliferazione di linfociti alle assunzioni sopranutrizionali di selenio. 

Ad adeguate assunzioni di selenio, si ritiene che la differenziazione delle cellule T CD4+ sia suscettibile all'azione delle citochine e delle cellule presentanti l'antigene. Al contrario, la carenza di selenio può favorire un fenotipo T helper di tipo 2 (Th2), mentre il selenio sopranutrizionale sposta l'equilibrio Th1/Th2 verso un fenotipo Th1.

D'altro canto, lo stato del selenio influenza l'attivazione dei macrofagi. La supplementazione dietetica nei pazienti con basso stato di selenio potrebbe quindi contribuire a sostenere la risposta immunitaria cellulare proinfiammatoria, tipo Th1, contro i patogeni virali e batterici, mentre un'eccessiva attivazione del sistema immunitario e il conseguente danno tissutale sono evitati guidando la differenziazione dei macrofagi verso un fenotipo M2 più anti-infiammatorio

L'integrazione dietetica di selenio in popolazioni a rischio di modesta carenza, come in molti paesi di Europa e Africa e in alcune regioni dell'Asia orientale, potrebbe servire come terapia adiuvante economica e ampiamente disponibile di infezioni virali. Curiosamente, gli effetti benefici del selenio sono stati segnalati quasi esclusivamente per le infezioni da virus Rna, mentre le informazioni sul selenio e sui virus a Dna rimangono scarse.

Un'eccezione degna di nota è rappresentata da una sperimentazione di intervento nella provincia cinese di Qidong, regione con terreno povero di selenio: l'integrazione ha ridotto l'incidenza del cancro al fegato associato all'infezione da virus dell'epatite B, a Dna. Attualmente l'integrazione dietetica con multimicronutrienti contenenti selenio è considerata utile per migliorare le cure di supporto e rafforzare il sistema immunitario dei pazienti affetti da malattie virali emergenti di recente, come nell'attuale epidemia di febbre di Ebola in Africa occidentale.

Una review di qualche mese fa ha valutato l'efficacia del selenio nel ritardare la progressione dell'infezione da Hiv: i dati degli studi randomizzati esaminati suggeriscono che l'integrazione con 200 μg/die nei pazienti con infezione da Hiv naïve alla terapia antiretrovirale o quelli in terapia non sopprime l'Hiv, ma può ritardare la riduzione del conteggio delle cellule CD4 e prolungare così i tempi di insorgenza dell'Aids.

Il meccanismo proposto con cui l'integrazione di selenio potrebbe essere di beneficio varia dalla capacità del selenio di proteggere dallo stress ossidativo attraverso la glutatione perossidasi, al modulare l'immunità cellulo-mediata e umorale, tutti bersagli importanti per ostacolare la replicazione dell'Hiv e combattere l'infezione.

In particolare, un adeguato stato di selenio sovraregola la produzione di interleuchina 2 e aiuta le cellule T naïve CD4-positive a proliferare e differenziarsi verso le cellule T helper 1, supportando così la risposta immunitaria mediata dalle cellule all'Hiv. Inoltre, un adeguato stato di selenio ha anche il potenziale di ridimensionare le concentrazioni più elevate del normale di IL-8 e Tnf-alfa associate ad aumento della replicazione dell'Hiv.

D'altra parte, un basso stato di selenio aumenta le cellule immunitarie inclinando la differenziazione delle cellule T positive per CD4 naïve in effettori Th2, che possono aumentare la progressione dell'infezione da Hiv. Quindi se ci sono prove cliniche che la supplementazione di selenio può ritardare l'insorgenza dell'Aids, mancano però prove quantificabili che l'integrazione di selenio sopprima o riduca la carica virale dell'Hiv.

È importante sottolineare che sono stati riportati in letteratura sia effetti benefici sia tossici per il selenio e la sua azione è strettamente dipendente dalla forma chimica e dalla concentrazione utilizzate. Inoltre, esiste una finestra relativamente ristretta tra carenza e tossicità e una crescente evidenza suggerisce che gli effetti sulla salute dipendono fortemente dal livello di base di questo micronutriente. Qui entra in gioco la variabilità di assunzione di questo nutriente: il selenio viene assunto principalmente come selenometionina, selenio-metilselenocisteina o γ-glutamil-selenio-metilselenocisteina dalle verdure, come selenocisteina dalla carne e come la selenoneina nei pesci di mare. 

Silvia Ambrogio

Bibliografia

  • Selenium supplementation in Hiv-infected individuals: a systematic review of randomized controlled trials. Clinical nutrition Espen Volume 34 December 2019
  • Dietary selenium in adjuvant therapy of viral and bacterial infections. Adv Nutr. 2015 Jan 15;6(1):73-82.
  • The role of selenium in inflammation and immunity: from molecular mechanisms to therapeutic opportunities. Antioxid redox signal. 2012 Apr 1;16(7):705-43.
Top
Questo sito utilizza i cookies, che consentono di ottimizzarne le prestazioni e di offrire una migliore esperienza all'utente. More details…