Vitamina K2 si conferma la forma più efficace a guardia del cuore

09 Giugno 2020

Si aggiungono indizi all’ipotesi che sia la vitamina K2 piuttosto che la K1 a proteggere maggiormente dal rischio di malattia coronarica. Nuove evidenze, infatti, giungono da uno studio osservazionale norvegese da poco pubblicato su Bmj open, rivista del gruppo British medical journal.

Gli autori sottolineano come da una parte il processo di calcificazione delle arterie rappresenti un serio fattore di rischio cardiovascolare e, dall’altra, come tale fenomeno sia contrastato proprio dalla vitamina K, benché ancora non sia chiaro quale delle due forme biologicamente attiva tra la K1 e la K2 generi i maggiori benefici.

I ricercatori hanno preso in esame i dati di circa 3 mila norvegesi tra i 46 e 49 anni afferenti all’Hordaland health study (Husk) condotto tra il 1997 e il 1999 e volto all’identificazione di fattori di rischio per malattie croniche non trasmissibili nella popolazione della contea norvegese di Hordaland, oggi accorpata nella nuova contea di Vestland.

Partendo da un questionario dettagliato sulle abitudini alimentari compilato da partecipanti a inizio studio, dopo un follow-up medio di undici anni si è andati a verificare l’incidenza di eventi cardiovascolari incrociando i dati presenti in due registri nazionali di riferimento in Norvegia.

A fine follow-up si sono verificati 112 eventi cardiovascolari ma nessuna correlazione è stata evidenziata con l’assunzione di vitamina k1.

Al contrario, un rischio basso è emerso per un consumo di K2 ad alte dosi, anche dopo aggiustamento per una serie di fattori potenzialmente confondenti.

“La vitamina K è una vitamina liposolubile che include la forma K1, o fillochinone, contenuta tipicamente nelle verdure a foglia verde e negli oli vegetali, e la K2, o menachinone, presente nella carne rossa, nel tuorlo d’uovo e nei latticini”, commentano gli Autori. “Uno dei possibili meccanismi d’azione a protezione del cuore sembra legato alla capacità dei menachinoni di contrastare i processi di calcificazione delle arterie, a livello delle pareti intima e media, che possono portare a danno ischemico piuttosto che a rigidità arteriosa con conseguenti ipertensione e/o ipertrofia ventricolare sinistra. Il nostro studio aggiunge un contributo a una letteratura piuttosto scarsa sull’argomento e un’ancora insufficiente conoscenza del metabolismo della vitamina K e delle diverse caratteristiche di K1 e K2. Pertanto, auspichiamo ulteriori ricerche sull'associazione tra K2 e malattie cardiovascolari, con particolare riguardo a meccanismo di assorbimento, trasporto e di interazione biologica”.

 

Nicola Miglino 

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