Da studio Framingham nuove conferme su protezione dei flavonoidi dall’Alzheimer

12 Maggio 2020

Continuano a emergere evidenze di come una dieta ricca di flavonoidi possa preservare dal rischio di sviluppare demenza e Alzheimer. Gli ultimi dati a riguardo provengono da uno studio da poco pubblicato sull’American journal of clinical nutrition per opera di un gruppo di scienziati del Jean Mayer Usda human nutrition research center on aging presso la Tufts University di Boston.

I ricercatori hanno attinto al database del Framingham heart study che dal 1947, di generazione in generazione, tiene monitorato il rischio cardiovascolare della popolazione della cittadinanza di Framingham, nel Massachusetts.

Si sono focalizzati sui dati di 2.800 persone, dai 50 anni in su, di cui hanno rilevato, tramite questionario, ogni 4 anni e per complessivi 20 anni, il consumo di polifenoli correlandolo con la comparsa di demenza valutata tramite test funzionali. Sei i gruppi di flavonoidi analizzati (flavonoli, flavoni, flavanoni, flava-3-oli, antocianine e polimeri di flavonoidi) suddivisi, per consumo, in 4 gruppi di percentili (≤15, da 15 a 30, da 30 a 60 e oltre 60): all’estremità inferiore (15° percentile), una dieta con totale assenza di antociani, una mela e mezzo al mese (flavonoli) e niente tè (polimeri di flavonoidi). Nel gruppo al 60° percentile, un consumo mensile di 7,5 pozioni di mirtilli/fragole (antociani), 8 mele e pere (flavonoli) e 19 tazze di tè (polimeri di flavonoidi).

I risultati evidenziano come gli individui al 60° percentile, quindi con il maggior consumo di flavonoli, antociani e polimeri di flavonoidi, presentassero un rischio più basso di sviluppare Alzheimer rispetto a quelli del 15° percentile: 4 volte inferiore per flavonoli e antocianine, due volte inferiore per polimeri di flavonoidi.

Uno studio osservazionale, precisano gli Autori, e non causa-effetto che però, a differenza di altri, prende in considerazione un periodo molto lungo di esposizione, circa 20 anni.

“La nostra analisi è un passo avanti importante poiché ci fornice un quadro evolutivo di correlazione tra dieta e declino cognitivo nel corso di molti anni”, dice Paul Jacques, prima firma dello studio. “Chi trae maggior beneficio da un’adeguata assunzione di flavonoidi sono proprio quelli con il consumo più basso e non ci vuole granché per migliorare la situazione: basta una tazza di tè tutti i giorni o una porzione di frutti di bosco 2-3 volte a settimana. Da sottolineare, infine, anche l’età. Abbiamo preso in considerazione soggetti over 50, a dimostrazione che a quell’età è possibile ancora correggere le proprie abitudini alimentari e trarne beneficio. Senza farmaci a disposizione per il trattamento dell’Alzheimer, l’unica arma che abbiamo è la prevenzione e sicuramente, tra le varie strategie da adottare quella nutrizionale è la più promettente”.

Nicola Miglino

 

 

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