Carni rosse, occhio al cuore: su Jama nuove evidenze di rischio

05 Febbraio 2020

Si torna a parlare di carne rossa, dopo le polemiche sollevate qualche mese fa dalla pubblicazione sugli Annals of internal medicine di nuove linee guida, a cura del Consorzio Nutrirecs, secondo le quali non è necessario limitarne il consumo. 

Le evidenze di una nuova ricerca condotta dalla Northwestern university Feinberg school of medicine e dalla Cornell University e appena pubblicata su Jama internal medicine, indicano però una realtà ben diversa: due porzioni di carne rossa, più o meno processata, o di pollame a settimana espongono a un aumento del rischio di malattie cardiovascolari tra il 3 e il 7%. Assolto il pesce. Solo la carne rossa, poi, sempre due volte a settimana, aumenta la mortalità per tutte le cause del 3%.

Lo studio ha preso in esame un campione di circa 30 mila partecipanti (età media 54 anni, 45% maschi, 35% di pelle non bianca), seguiti lungo un periodo di 30 anni, con dati delle abitudini alimentari raccolti attraverso questionari autocompilati.

L’analisi finale ha evidenziato, innanzitutto, un rischio dal 3 al 7% più elevato di malattie cardiovascolari e morte prematura in chi consumava carne rossa e trasformata due volte a settimana. Un rischio maggiore del 4% di malattie cardiovascolari in chi consumava due porzioni a settimana di carne di pollame, anche se gli autori affermano che non ci sono ancora prove sufficienti per formulare chiare raccomandazioni su questo fronte, anche perché il dato può essere legato al metodo di cottura, non preso in considerazione dallo studio, piuttosto che alla carne in sé. Si pensi, per esempio, agli acidi grassi trans del pollo fritto. Di certo, però, nessuna correlazione negativa si è evidenziata tra consumo di pesce e malattie cardiovascolari o mortalità.

"Dallo studio Nutrirecs di qualche mese fa usciva un messaggio di approvazione del consumo di carni rosse, ma non è quello che emerge dai dati scientifici”, dice Norrina Allen, docente di Medicina preventiva alla Northwestern university Feinberg school of medicine e tra gli autori dello studio. "Si tratta di un piccolo ma significativo aumento del rischio e pertanto sarebbe bene limitare il consumo di salame, mortadella e salumi in generale. Non dimentichiamoci, peraltro, che il consumo di carne rossa è associato anche ad altri problemi di salute come il cancro”.

Aggiunge Victor Zhong, docente di Scienze nutrizionali alla Cornell: "Una riduzione del consumo di questi alimenti proteici di origine animale rappresenta un intervento strategico dal punto di vista della salute pubblica al fine di ridurre l’incidenza di cardiopatie e i tassi di mortalità prematura. Alternative? Pesce, frutti di mare e fonti vegetali di proteine quali noci e legumi sono eccellenti soluzioni, ancora troppo scarsamente utilizzate”.

 

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