Prevenzione e cura dell’artrosi: fari puntati sul microbiota

01 Luglio 2020

Allo scopo di far luce sul legame tra microbiota intestinale e artrosi, nei mesi scorsi un gruppo di lavoro ha pubblicato su Ageing research, per conto dell’European society for clinical and economic aspects of osteoporosis, osteoarthritis and musculoskeletal diseases (Esceo) un documento di consenso che fa il punto su quanto oggi emerge dalla letteratura scientifica.

“La prevalenza dell'artrosi è in aumento non soltanto in relazione a una maggiore aspettativa di vita, ma anche in virtù di una serie di fattori legati allo stile di vita moderno quali, per esempio, sedentarietà o diete povere di fibre e ricche di zuccheri e grassi saturi, che promuovono infiammazione cronica, sovrappeso e obesità”, sottolineano gli Autori. “Dal canto loro, sappiamo come alterazioni della composizione microbica intestinale, che costituiscono quella condizione chiamata disbiosi, possono favorire la comparsa di sindrome metabolica e infiammazione, due componenti importanti per esordio ed evoluzione dell'artrosi”.

L’analisi parte da un esame sulla correlazione fattori di rischio/microbiota a partire dall’età. È noto, infatti, che con il passare degli anni aumenta l’incidenza di malattia così come cambia la composizione microbica intestinale a favore di ceppi ad attività pro-infiammatoria. Per quanto riguarda il genere, le donne sono sicuramente le più colpite, in particolare dopo la menopausa, quando perdono gli effetti protettivi degli estrogeni sull’integrità della barriera intestinale, favorendo quel processo definito di endotossemia, che identifica il passaggio in circolo di metaboliti pro-infiammatori prodotti a livello intestinale. L’obesità, poi, rappresenta un pericolo non soltanto per il maggiore carico sulle articolazioni ma perché induce uno stato infiammatorio sistemico che vede tra i mediatori anche metaboliti del microbiota, in particolare il lipoposaccaride (Lps).

Altro fattore chiave in gioco è la dieta. Diversi sono gli studi che suggeriscono, per esempio, come una dieta ricca in grassi determini disbiosi e aumenti la circolazione sistemica di Lps, così come altri hanno messo in evidenza in benefici sintomatici ottenuti con una dieta ricca in fibre, che rappresentano dei veri e propri prebiotici efficaci nello stimolare batteri produttori di acidi grassi a corta catena (Scfa) ad azione antinfiammatoria e protettiva sul rimodellamento osseo.

Infine, l’esercizio fisico regolare, in particolare con attività a basso carico articolare, può avere effetti benefici sia nella prevenzione che nella terapia dell’artrosi in quanto è in grado di modificare composizione, capacità funzionale e metaboliti del microbiota, indipendentemente dalla dieta: migliora il rapporto Bacteroidetes/Firmicutes, aumenta la produzione di Scfa e diminuisce la circolazione di Lps.

Sul fronte fisiopatologico, si sottolinea come il microbiota intestinale sia coinvolto in molte funzioni, dalla preservazione dell’integrità della barriera intestinale, alla regolazione del sistema immunitario, ai processi digestivi, al metabolismo energetico. Stati di disbiosi si sono osservati in diverse malattie croniche intestinali, piuttosto che in presenza di obesità, diabete di tipo 2, malattie autoimmuni, malnutrizione e cancro, alcune delle quali riconosciute anche come fattori di rischio di artrosi. Pochi però sono gli studi di intervento sinora disponibili: solo uno sull’uomo, condotto su 537 pazienti con artrosi nel quale l'integrazione giornaliera con Lactobacillus casei shirota per 6 mesi ha migliorato significativamente il dolore e ha ridotto l'infiammazione sistemica rispetto al placebo.

Per quanto riguarda i farmaci impiegati nella terapia dell’artrosi, tutte le classi hanno dimostrato di esercitare un’azione sul microbiota. Gli oppiacei determinano disbiosi, disregolazione dell’epitelio biliare, compromissione della barriera intestinale e infiammazione sistemica. Ai farmaci antinfiammatori non steroidei quasi sempre si associano gli inibitori di pompa protonica che alterano il Ph gastro-intestinale inducendo disbiosi. La glucosamina solfato e la condroitina solfato hanno dimostrato di avere proprietà prebiotiche e quindi gli effetti terapeutici possono dipendere anche da questa azione sul microbiota che promuove una serie di effetti immunomodulatori e antinfiammatori. Infine, farmaci non specifici e con diverse indicazioni, utilizzati in pazienti artrosici con altre comorbilità hanno dimostrato di alleviare il sintomo dolore. Si tratta, in particolare, di anti-estrogeni, Ace-inibitori, beta bloccanti e farmaci tiroidei, tutti con azione su vie metaboliche che vedono coinvolto il microbiota.

Così concludono gli Autori: “Sebbene ci siano poche evidenze disponibili, i dati preclinici e gli studi osservazionali nell'uomo suggeriscono una forte relazione tra microbiota e fattori di rischio, patogenesi e farmaci per l’artrosi. È necessario indagare più a fondo aspetti legati a genetica, età, genere, stato della vitamina D, attività fisica, dieta e impiego di farmaci, raccogliendo dati anche su campioni fecali oggi non soddisfacenti. Dovremo valutare gli esiti sia radiografici che clinici della relazione tra metaboliti del microbiota, quali per esempio gli acidi grassi a corta catena, e la progressione del processo artrosico così come la possibilità di identificare l’Lps come marker di rischio. Infine, sono necessari studi randomizzati e controllati sull'uomo per verificare se prebiotici o probiotici piuttosto che integratori alimentari a base di fibre e butirrato, possano incidere sul microbiota inducendo modifiche clinicamente significative e prolungate della malattia artrosica, spostando così l’obiettivo terapeutico da un approccio sintomatico a uno più mirato sulla patogenesi”.

Nicola Miglino

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