Chi consuma abitualmente prugne, frutti ricchi di composti bioattivi, ne ha un vantaggio sul profilo lipidico? La domanda è lecita dal momento che le prugne presentano le caratteristiche peculiari di un functional food: contengono nutrienti essenziali e forniscono anche diversi micronutrienti (tiamina, riboflavina, piridossina, acido ascorbico, retinolo, γ-tocoferolo, potassio, sodio, calcio, ferro, rame, magnesio, fosforo e selenio) e agenti antiossidanti (sostanze fitochimiche come acidi fenolici e flavonoli).

Estrarre nuovi ingredienti per nutraceutici ad azione antiossidante e antinfiammatoria dagli scarti della filiera di agrumi, olive, fiori eduli e lumache. Questo quanto promette il progetto Smart-Up (Miglioramento della competitività e sostenibilità delle filiere mediterranee agroalimentari attraverso il recupero di scarti e sottoprodotti, la tutela della biodiversità e lo sviluppo di nuovi prodotti), finanziato con 500 mila euro dalla Regione Sicilia e portato avanti da una partnership tra alcune imprese e il dipartimento di Scienze del farmaco e della salute dell’Università degli Studi di Catania.

Appartengono alla grande famiglia dei polifenoli e sono abbondanti negli alimenti di origine vegetale. Parliamo degli acidi idrossicinnamici, derivati dell’acido cinnamico, sui quali la ricerca sta puntando i riflettori per gli effetti su alcuni marker cardiometabolici nell’uomo. Ne abbiamo discusso con Daniela Martini e Pedro Mena, del dipartimento di Scienze degli alimenti e del farmaco dell’Università di Parma.

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