Crescono le evidenze sul ruolo degli integratori nella malattia mentale

01 Ottobre 2019

Sempre maggiore l’interesse della comunità scientifica nei confronti dell’uso di integratori alimentari nel trattamento della malattia mentale. Ecco così che un gruppo di lavoro, formato da una quindicina di esperti tra Italia, Belgio, Brasile, Canada, Regno Unito e Australia, ha deciso di prendere in esame i dati oggi disponibili confezionando una metanalisi pubblicata su World psychiatry che restituisce un quadro completo ed esaustivo dello stato dell’arte.

“Negli ultimi anni sono emerse numerose metanalisi che hanno valutato l’impiego di vitamine, aminoacidi, sali minerali, Pufa, pre e probiotici nel trattamento dei disturbi mentali” sottolineano gli autori. “Noi ne abbiamo selezionate 33, tutte di trial clinici randomizzati, con dati riguardanti nel complesso circa 11 mila persone affette dai disturbi più vari quali depressione, disturbo bipolare, schizofrenia, Adhd.”

Le prove di efficacia più robuste sono quelle a sostegno dell’impiego di omega-3, in particolare l'Epa, che hanno mostrato effetti significativi in caso di depressione, in aggiunta ai farmaci  e nelle formule ad alto dosaggio. Su altri fronti, come per esempio in bambini con Adhd o soggetti schizofrenici, non ci sono ancora dati sufficienti a supporto e sono necessari ulteriori studi di verifica rispetto ad alcune evidenze promettenti.

L’integrazione con folati, ad alte dosi e sempre in aggiunta alla terapia farmacologica, è in grado di ridurre significativamente i sintomi in caso di depressione e schizofrenia.

Mancano prove convincenti di efficacia per vitamina C, D, E, minerali (zinco e magnesio) e inositolo, benché via siano evidenze emergenti su effetti positivi di un'integrazione con vitamina D nella depressione maggiore.

Alcuni aminoacidi vanno segnalandosi come promettenti opzioni add on ai farmaci nei disturbi mentali. In particolare, la N-acetilcisteina, a dosi di 2.000 mg/die o superiori, sembra rivelarsi utile in caso di disturbi dell’umore e schizofrenia.

Altra area promettente è quella dei probiotici, considerato che il microbiota intestinale presenta differenze significative nelle persone con disturbi mentali e recenti studi sui trapianti fecali con topi privi di germi indicano che queste differenze potrebbero svolgere un ruolo causale nei sintomi della malattia mentale. Un mondo, questo, ancora però tutto da esplorare, benché alcune evidenze suggeriscano un’utilità in caso di disturbo depressivo.

In generale, tutti gli integratori analizzati hanno mostrato buoni profili di sicurezza, senza evidenza di gravi effetti avversi o controindicazioni all’uso in aggiunta a farmaci psichiatrici.

 “Esiste ora un ampio corpus di ricerche che hanno valutato l'efficacia della supplementazione nelle persone con disturbi mentali, con alcuni nutrienti che hanno dimostrato efficacia in condizioni specifiche e altri con potenzialità sempre più evidenti” concludono gli autori.  “Vi è una grande necessità di determinare i meccanismi coinvolti, nonché di esaminare gli effetti in popolazioni specifiche come i giovani o nelle prime fasi di malattia. Un approccio mirato può essere guidato da indicatori come per esempio i livelli di nutrienti, marker dell’infiammazione o di farmacogenomica”.

Nicola Miglino

 

 

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