Queste le conclusioni di uno studio osservazionale, pubblicato su The Lancet planetary health, condotto su dati provenienti da 450.111 partecipanti dello studio Epic (European prospective investigation into cancer and nutrition) di cui erano disponibili questionari nutrizionali. Obiettivo: verificare l'associazione tra consumo di cibo ultra-elaborato e rischio di cancro in 25 sedi anatomiche.
Gli alimenti sono stati classificati in base al livello di elaborazione utilizzando il sistema di classificazione Nova. Durante 14 anni di follow up, si sono sviluppati 45.573 casi di cancro.
I risultati mostrano che la sostituzione del 10% di alimenti trasformati con una quantità uguale di cibo con poco o assente grado di elaborazione è associata a un ridotto rischio del 4% di tutti i tipi di cancro. Nel dettaglio, però, si osserva: -20% del cancro della testa e del collo; -43% carcinoma esofageo a cellule squamose; -12% cancro del colon; -10% cancro del retto; -23% carcinoma epatocellulare; -7% cancro della mammella post menopausa.
Vantaggi anche nel caso della sostituzione di cibi ultra-processati: il 10% in meno, compensato da una quantità equivalente di alimenti minimamente trasformati, significa rischio ridotto del 20% per il cancro a testa e collo, del 7% per il colon, del 27% per il carcinoma epatocellulare e del 20% per il carcinoma esofageo a cellule squamose.
“Questo studio è il più ampio che abbia indagato la correlazione tra consumo di cibi trasformati e cancro, consentendoci valutazioni su basi più solide rispetto ad altre coorti presenti in letteratura”, sottolinea Nathalie Kliemann, International agency for research on cancer – Oms, coordinatrice della ricerca.
Ricordiamo che proprio di recente, la stessa Kliemann, insieme ad altri, aveva evidenziato, in una ricerca pubblicata su eclinicalMedicine, basata sull’esame di dati della Uk Biobank, come per ogni 10% di aumento del consumo di cibi ultraprocessati, il rischio di cancro all’ovaio aumenti del 19%.