Integratori: dopo nuova inchiesta, il Ministero punta i fari su test di disaggregazione

26 Maggio 2022

Era l’estate scorsa quando la rivista Il Salvagente pubblicò i dati di alcune analisi effettuate da Fabiana Quaglia, docente di Tecnologia farmaceutica all’Università Federico II di Napoli, che denunciavano il rischio, per alcuni integratori in commercio, di contenere formulazioni, in particolare compresse, che non disaggregavano nell’intestino e che venivano eliminate tal quali dall’organismo. Ora, una nuova puntata dell’inchiesta, che ha indotto il ministero della Salute a emanare una circolare in cui invita gli operatori a una maggiore attenzione, consapevole, d’altro canto, che il test di disaggregazione presente nella Farmacopea Ufficiale è applicabile al campo farmaceutico e non a quello alimentare.

Di che si tratta? La rivista ha acquistato 15 prodotti sul mercato a base di riso rosso fermentato, facendo condurre alla P.ssa Quaglia il test di disaggregazione. In quattro casi (“Fitosteroli e riso rosso colesterolo” di Matt divisione Pharma, “Berberol K” di PharmExtracta, “LevelipDuo” di Guidotti e “Farmacolest” di Cisbani Pharma) la prova non è stata superata, ovvero le compresse non si sono sciolte nei 30 minuti previsti dalla farmacopea europea. Guidotti, del gruppo Menarini, ha reagito prontamente, ripetendo le analisi e, dopo aver riscontrato le stesse anomalie, ha richiamato LevelipDuo e Levelip Triol compresse rivestite. Da Matt Divisione Pharma, nessuna risposta, mentre Pharmextracta ha segnalato come un test di dissoluzione non possa valere per la formulazione progettata per Berberol K.  Cisbani, secondo quanto riportato, non ha effettuato controanalisi sulla disaggregazione.

L’intervento ministeriale

Il Salvagente ha informato dei risultati dell’inchiesta il ministero della Salute, che ha preso subito posizione con il sottosegretario Andrea Costa: “L’attenzione del Ministero è massima. Nello specifico, evidenziamo che la questione della disaggregazione delle compresse, pur non essendo richiesta obbligatoriamente dalla normativa Ue, è importante sia per garantire la disponibilità del contenuto dell’integratore sia per evitare eventuali problematiche di salute legate al permanere di compresse non sciolte”.

Da qui è nata una circolare ministeriale che, tra l’altro, così recita: “Gli integratori sono alimenti con caratteristiche peculiari che devono essere prese in considerazione per garantirne la qualità e la sicurezza. Spesso vengono venduti in forme simili a quelle farmaceutiche e, pertanto, può essere opportuno valutare se è necessario, all’interno dei piani degli operatori, prevedere il monitoraggio dei parametri previsti per queste forme di presentazione, per tutelare i consumatori e garantire la qualità. Pur consapevoli che il test di disaggregazione presente nella Farmacopea Ufficiale della Repubblica italiana XII è applicabile al campo farmaceutico e non a quello alimentare, si ritiene che la capacità delle compresse di disgregarsi debba essere monitorata dagli operatori per garantire il consumatore e tutelarne anche la sicurezza”.

Non solo disaggregazione

Oltre al test di disaggregazione effettuato da Fabiana Quaglia, nei laboratori di Alberto Ritieni, docente di Chimica degli alimenti sempre presso la Federico II, è stata poi valutata la concentrazione di monacolina K rispetto a quanto dichiarato dai produttori. In tre casi, anche considerando l’errore analitico, lo scarto verificato è rilevante: si va dal 14% tra il dichiarato e il rilevato fino al 24%.

Una volta valutata la concentrazione di monacolina, si è passati, poi, a valutare la bioccessibilità del principio attivo, ovvero quanto ne resta dopo la digestione gastrica e del primo tratto intestinale. La prova (test Infogest), si legge sulla rivista, “viene effettuata simulando, con soluzioni ad hoc, l’attività dei succhi gastrici prima e dell’azione digerente dell’intestino”. I risultati sono stati tutti eccellenti: la monacolina rilevata resta interamente a disposizione del nostro organismo per essere assorbita. Ovviamente, si dice, se la compressa si disaggrega nei tempi previsti.

Infine, una lista di ingredienti definiti “sgraditi”, per rischi potenziali, usati nelle formulazioni: biossido di titanio, biossido di silicio, carbossimetilcellulosa, idrossipropilmetilcellulosa, carragenina, fosfati di calcio, olio di cocco.

Le obiezioni di formulatori, industria e Sinut

Sui contenuti dell’inchiesta abbiamo raccolto il commento della Società italiana dei formulatori in nutraceutica (Sifnut), della Società italiana di nutraceutica (Sinut) e di Integratori&Salute, l’associazione in seno a Confindustria che rappresenta le aziende del comparto.

Sifnut, dopo obiezioni sui test di bioaccessibilità, invita alla cautela su possibili inutili allarmismi in merito agli ingredienti definiti sgraditi da Il Salvagente, ma tutti ammessi dalla normativa alimentare vigente in Italia. Le aziende del comparto, per voce di Germano Scarpa, presidente di Integratori&Salute, invocano regole specifiche per gli integratori, sottolineando come l’applicazione di quelle valide per i farmaci possa portare a conclusioni fuorvianti. Arrigo Cicero, presidente Sinut, sottolinea i limiti dei test in vitro per la disaggregazione, auspicando, d’altra parte, un maggior ricorso a studi clinici da parte delle aziende.

Nicola Miglino

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