Gli scienziati già si erano accorti come bassi livelli di zinco si correlassero a deficit di cellule T e a riduzione del volume del timo, dimostrando come il minerale fosse in grado di facilitare il recupero della funzione immunitaria nei pazienti con mieloma multiplo sottoposti a trapianti di cellule staminali. Non era chiaro, però, perché.
La scoperta giunge da una ricerca su un modello sperimentale in cui si è potuto verificare come anche timi di topo sottoposti a dieta senza zinco si rimpiccioliscono, producendo un numero significativamente inferiore di cellule T mature. In brevissimo tempo, peraltro, ovvero dopo appena tre settimane: senza zinco i linfociti T non possono maturare completamente. Allo stesso modo, trattamenti sui topi simili a quelli sull’uomo prima di un trapianto di staminali, determinano carenza di zinco con deplezione di linfociti T e rallentamento dei tempi di rispristino delle scorte. Al contrario, zinco abbondante consente alle cellule di riprendersi più velocemente: "Con un’integrazione abbiamo ottenuto una più rapida riparazione dei danni causati al timo dalle terapie e una rigenerazione più rapida di linfociti T nel sangue periferico. Ci era, però, ancora poco chiaro il meccanismo”.
L’aspetto sorprendente è stato verificare che lo zinco accumulato nei linfociti T viene liberato nella matrice extracellulare quando questi vengono, per esempio, distrutti dalle terapie, avviando un processo biochimico che attiva il recettore Gpr39 sulle cellule endoteliali inducendole a produrre Bmp4, fattore cruciale per la rigenerazione timica.
Così concludono: “C'è ancora molto da apprendere, prima di poter individuare protocolli da applicare in clinica. I pazienti trapiantati ricevono già diversi integratori minerali e sarebbe importante assicurarsi un adeguato rifornimento di zinco in caso di carenza, benché oggi non si disponga di test soddisfacenti per l’analisi e per la cui messa a punto, però, stiamo lavorando alacremente. L’area di ricerca è di estremo interesse al di là, ovviamente, del campo oncologico, in quanto, per esempio, potrebbe portarci a studiare le ricadute sui processi degenerativi fisiologici del timo legati all’invecchiamento, laddove sappiamo che la funzionalità dell’organo tende a diminuire con l’età esponendoci a maggiori rischi di infezioni”.
Nicola Miglino