Ca pancreatico, nel microbiota intestinale i segnali d’allarme

06 Aprile 2022

Nel prossimo futuro potrebbe bastare un semplice esame delle feci per l’individuazione di un tumore del pancreas. Grazie, infatti, ai risultati di uno studio pubblicato su Gut, sembra che l’analisi del microbiota intestinale potrà ovviare agli attuali strumenti diagnostici spesso invasivi e tardivi.

Il cancro al pancreas è il 12° tumore più diffuso al mondo, un’incidenza che tutte le previsioni segnalano in forte aumento nei prossimi 20 anni. La forma più comune della malattia è l'adenocarcinoma duttale, con tassi di sopravvivenza del 20% a 5 anni dalla diagnosi.

L’infausta prognosi è molto spesso determinata proprio dal fatto che la scoperta della malattia avviene in fase ormai avanzata, quando poi vengono meno opzioni terapeutiche efficaci. Ecco perché test semplici e poco invasivi sarebbero accolti con entusiasmo in clinica.

Date alcune recenti evidenze sul ruolo che una disbiosi intestinale può esercitare sullo sviluppo e la progressione della malattia, il lavoro su Gut ha analizzato 100 campioni di saliva e 212 di feci e tessuto pancreatico di 57 soggetti adulti spagnoli cui era stata appena diagnosticata una forma duttale di cancro pancreatico e prima di qualsiasi trattamento: 25 avevano una malattia in stadio iniziale e 32 in fase avanzata. Due i gruppi di controllo: 50 persone sane e 29 persone con pancreatite cronica, noto fattore di rischio per il cancro del pancreas.

Il primo riscontro ottenuto è stato che i campioni salivari si sono rivelati meno indicativi di quelli fecali che, invece, hanno mostrato importanti differenze tra i gruppi. L’analisi genomica ha identificato un caratteristico arricchimento di alcune specie a discapito di altre.

In particolare, nei campioni di feci dei malati di cancro abbondavano Methanobrevibacter smithiiFusobacterium nucleatum, Alloscardovia omnicolens, Veillonella atypica  e  Bacteroides finegoldii  mentre   erano totalmente assenti Faecalibacterium prausnitzii, Bacteroides coprocola, Bifidobacterium bifidum  e  Romboutsia timonensis.  

Un profilo microbico costante, indipendente dalla progressione della malattia, a segnalare come evidentemente compaia già nelle fasi iniziali e potrebbe rappresentare un utile marker diagnostico. La precisione del test, secondo gli autori della ricerca, è buona ma viene migliorata combinandolo con l’analisi dei livelli ematici di antigene carboidrato 19-9, già impiegata per monitorare la progressione del cancro del pancreas dopo la diagnosi. La convalida del sistema è avvenuta in Germania su un ulteriore gruppo di 44 pazienti con cancro del pancreas e 32 controlli e poi sui dati di 5.792 campioni pubblicati in 25 diversi studi, consentendo anche di valutare la specificità rispetto a condizioni di salute diverse come, per esempio, altri tumori o il diabete di tipo 2.

Secondo gli Autori, le indicazioni sono tali da poter ipotizzare l’identificazione di una firma microbica del tumore pancreatico, facilmente individuabile e utilizzabile su più fronti, dalla profilassi, alla diagnosi precoce, alla terapia.

Cautela, invece, in un editoriale di commento da parte di Rachel Newsome e Christian Jobin dell’Università della Florida: "Sebbene promettenti, questi risultati hanno un valore clinico limitato a causa della natura trasversale dello studio, e quindi i marcatori predittivi dovranno essere testati utilizzando una coorte prospettica prima di giungere a una conclusione sul loro impatto clinico. Interessante, tra l’altro, sarebbe indagare quanto queste evidenze siano valide anche per altri tipi di cancro. Ciò detto, la ricerca fornisce un contributo importante nell’individuazione di marker predittivi non invasivi del tumore pancreatico”.

Nicola Miglino

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