Acido palmitico e rischio metastasi: Nature svela possibile relazione

01 Dicembre 2021

L’acido palmitico, tra gli acidi grassi saturi più comuni negli animali e nelle piante, potrebbe essere un fattore scatenante lo sviluppo di metastasi tumorali, con effetti permanenti anche a distanza di molto tempo dall’esposizione. A segnalarlo, uno studio su Nature condotto da un gruppo di scienziati dell’Istituto di ricerca biomedica (Irb) dell’Università di Barcellona che hanno prelevato cellule di melanoma e tumori del cavo orale da alcuni pazienti, esponendole brevemente a una concentrazione di acido palmitico simile a quella di una dieta ad alto contenuto dell’acido grasso.

In seguito, hanno tra piantato le stesse cellule in topi, verificandone la capacità di generare metastasi. In effetti, non soltanto il fenomeno si è verificato, ma i ricercatori sono riusciti a comprendere qualcosa in più, ovvero che l’esposizione all’acido palmitico provoca effetti epigenetici permanenti, con alterazione di geni che conferisco capacità di diffondere il tumore anche a distanza di mesi dall’esposizione. Gli effetti, peraltro, sembrano strettamente correlati all’esposizione all’acido palmitico ma non all’oleico e al linoleico.

Addirittura, pare che le alterazioni genetiche determinino il richiamo di cellule del sistema nervoso che vanno a innervare l’area favorendo la genesi di un ambiente utile alla disseminazione del tumore. Uno degli elementi chiave nella formazione della rete neurale che favorisce la metastasi sono, infatti, le cosiddette cellule di Schwann, che circondano e proteggono i neuroni e gli scienziati spagnoli hanno individuato diverse via di inibizione di questo processo, aprendo la strada allo sviluppo di terapie in grado di bloccare la diffusione del tumore.

"Nel 2017 abbiamo pubblicato uno studio che suggeriva un legame tra acido palmitico e rischio di metastasi, ma non ne avevamo compreso il meccanismo responsabile”, afferma Salvador Aznar-Benitah dell'Irb di Barcellona, coordinatore della ricerca. “In questo studio, siamo stati in grado di dettagliare il processo, rivelando il coinvolgimento di un fattore di memoria nella capacità metastatica e identificando un possibile approccio terapeutico per correggerlo".

Nicola Miglino

 

 

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