Omega-3 e rischio di fibrillazione atriale, nuovi dati da una metanalisi

06 Maggio 2021

Con l’impiego di Omega-3 aumenta il rischio di fibrillazione atriale (Fa) nei pazienti dislipidemici o già cardiopatici. Questo il responso di una metanalisi di trial clinici randomizzati pubblicata nei giorni scorsi sull’European heart journal - Cardiovascular pharmacotherapy, rivista della Società europea di cardiologia.

“Oggi gli integratori di olio di pesce sono indicati per i pazienti con trigliceridi plasmatici elevati, al fine di ridurre il rischio cardiovascolare ", sottolinea Salvatore Carbone della Virginia Commonwealth University e tra gli Autori della ricerca. “Alcuni studi clinici, però, hanno sollevato dubbi sulla sicurezza, evidenziando un potenziale aumento nella comparsa di fibrillazione atriale, rispetto al placebo”.

La metanalisi ha preso in esame cinque studi randomizzati e controllati che hanno studiato gli effetti dell'integrazione con acidi grassi Omega-3 sugli esiti cardiovascolari. I partecipanti avevano livelli elevati di trigliceridi ed erano ad alto rischio di malattie cardiovascolari o avevano già una cardiopatia in atto. Nel complesso, si è trattato di un totale di 50.277 persone, seguite per un periodo compreso tra 2 e 7,4 anni. Il dosaggio dell’integrazione variava da 0,84 a 4 g al giorno. I risultati evidenziano un rischio di fibrillazione atriale del 37% superiore nel gruppo integrazione rispetto al placebo.

“Gli studi esaminati rivelano esiti contrastanti sui benefici cardiovascolari degli Omega-3”, commentano gli Autori. “Nel Reduce-It, dosi elevate di etile icosapent altamente purificate si sono dimostrate efficaci mentre il recente studio Strenght, che utilizzava le medesime dosi di Omega-3 ma in una combinazione di Epa+Dha, non ha dato le stesse conferme, così come gli studi con dosaggi inferiori. A fronte di ciò, si evidenzia un aumento del rischio di comparsa di fibrillazione atriale sia nei trial ad alti dosaggi, come Reduce-It e Strenght, sia in quelli che impiegavano dosi inferiori di Omega-3. I meccanismi attraverso i quali l'integrazione può aumentare il rischio di fibrillazione atriale rimangono in gran parte sconosciuti. In effetti, studi precedenti hanno evidenziato la capacità degli Omega-3 di stabilizzare la membrana cellulare cardiaca con conseguenti effetti protettivi contro le aritmie, comprese quelle ventricolari. Andrebbero pertanto promossi studi specifici sulla relazione tra supplementazione e aritmie ventricolari nonché nei pazienti ad alto rischio, come per esempio nel post-infarto”.

Quasi contestualmente, sul Journal of american heart association, è stato pubblicato uno studio in cui emerge come in pazienti con sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto St, livelli plasmatici elevati di Omega-3 siano inversamente correlati al rischio di morte cardiaca improvvisa.

Così commenta Carbone: “Anche lo studio Reduce-it della nostra metanalisi, in cui si sono usati dosaggi elevati di Epa, pari a 4g/die, ha evidenziato benefici cardiovascolari, sempre però a fronte di un aumento del rischio di Fa. Lo studio su Jaha è di tipo osservazionale, utile come tale, ma è sempre necessario un trial randomizzato e controllato per verificare l’evidenza dell’osservazione. La raccomandazione è sempre quella di valutare insieme ai pazienti il rapporto rischio/beneficio”.

Nicola Miglino

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