Covid-19, Accademia di medicina di Torino: vitamina D in prevenzione e trattamento

13 Gennaio 2021

Sensibilizzare istituzioni, mondo scientifico e opinione pubblica sulle più recenti evidenze scientifiche a sostegno dell’utilità della vitamina D nella prevenzione e nel trattamento di Covid-19. Questo l’obiettivo di un documento inviato ad autorità sanitarie nazionali e regionali, messo a punto da un gruppo di lavoro di 135 medici istituito dall'Accademia di medicina di Torino, sotto il coordinamento del suo presidente Giancarlo Isaia e di Antonio D’Avolio, docenti, rispettivamente, di geriatria e farmacologia all'Università di Torino.

“A oggi è possibile reperire su PubMed circa 300 lavori, editi nel 2020, con oggetto il legame tra Covid-19 e vitamina D, condotti sia retrospettivamente che con metanalisi, che hanno confermato la presenza di ipovitaminosi D nella maggioranza dei pazienti, soprattutto se colpiti in forma severa, e di una più elevata mortalità a essa associata” si legge nel documento. “Tutti questi dati forniscono a nostro giudizio interessanti elementi di riflessione e di ripensamento su un intervento potenzialmente utile a tutta la popolazione anziana, che in Italia è in larga misura carente di vitamina D”.

Gli Autori hanno così selezionato alcuni dati ritenuti meritevoli di attenzione da parte delle autorità sanitarie, “al fine di considerare l’utilizzo della Vitamina D sia per la prevenzione che per il trattamento dei pazienti Covid-19”.

Sulla base dei risultati dei trial più significativi, si segnala, innanzitutto, come la vitamina D sembri più efficace contro Covid-19 (sia per la velocità di negativizzazione, sia per l’evoluzione benigna della malattia in caso di infezione) “se somministrata con obiettivi di prevenzione, soprattutto nei soggetti anziani, fragili e istituzionalizzati. Il target plasmatico minimo ottimale del 25(OH)D da raggiungere in ambito preventivo sarebbe di 40 ng/mL, per ottenere il quale occorre somministrare elevate dosi di colecalciferolo, anche in relazione ai livelli basali del paziente, e fino a 4.000 UI/die”.

Sul fronte terapeutico, gli studi randomizzati “indicano l’utilità di un’unica somministrazione in bolo di 80.000 UI di colecalciferolo, oppure di calcifediolo - 0,532 mg il 1° giorno, 0,266 mg il 3°, il 7° giorno e poi una volta alla settimana - oppure ancora di 60.000 UI di colecalciferolo per 7 giorni, con l’obiettivo di raggiungere 50 ng/mL di 25 (OH)D”.

Due le proposte finali con cui si conclude il documento. Innanzitutto, l’invito a promuovere una consensus conference e/o uno studio clinico randomizzato e controllato, promosso e supportato da fondi pubblici, sull’efficacia terapeutica della Vitamina D, a pazienti sintomatici o oligosintomatici, secondo uno dei seguenti schemi:

  • colecalciferolo per via orale 60.000 UI/die per 7 giorni consecutivi;
  • colecalciferolo in monosomministrazione orale 80.000 (nei pazienti anziani);
  • calcifediolo 532 mg (106 gocce) nel giorno 1 e 0,266 mg (53 gocce) nei giorni 3 e 7 e poi in monosomministrazione settimanale.

La somministrazione preventiva, infine, di colecalciferolo orale (fino a 4.000 UI/die) a soggetti a rischio di contagio (anziani, fragili, obesi, operatori sanitari, congiunti di pazienti infetti, soggetti in comunità chiuse).

Nicola Miglino

 

 

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